Accenni di storia: la razionalizzazione del lavoro
Con l’espressione seconda rivoluzione industriale si intente la seconda parte del processo di trasformazione della società avvenuto nella seconda metà dell’Ottocento. La tipologia di vita collettiva precedente al processo di mutamento dell’industria è definita comunità, la quale è caratterizzata da una conoscenza reciproca di tutti gli individui appartenenti ad essa e dalla condivisione propri valori. Il cambiamento portò alla nascita della società vera e propria, dove le persone si specializzano nel proprio lavoro e possiedono principi differenti.
Lo spiritualismo idealistico fu sostituito da una mentalità individualistica e predominata dalla ragione. Questo razionalismo si estese, in seguito, in tutte le sfere della società, specialmente in quella del lavoro.
L’organizzazione scientifica del lavoro
Frederick Winslow Taylor fu un imprenditore statunitense, famoso per aver teorizzato e messo in pratica l’organizzazione scientifica del lavoro. Esso si rese conto dell’importanza della divisione delle mansioni, le quali venivano affidate non più a lavoratori artigiani specializzati, abili nella fabbricazione dell’intero prodotto, ma a semplici operai, istruiti in una singola procedura. L’ingegnere iniziò quindi a scomporre il processo di produzione di un bene in singole fasi non ulteriormente frazionabili, affidando ai dipendenti un singolo incarico ridotto ai minimi termini in fatto di complessità.
La razionalizzazione del lavoro può essere spiegata attraverso la descrizione delle tre tecniche principali di divisione.
Razionalizzazione è somma di attività complementari
La razionalizzazione del lavoro può essere intesa come somma di attività complementari, la quale è suddivisa in tre distinte tipologie di addizione. La prima riguarda il coordinamento degli sforzi, il quale implica la collaborazione di più dipendenti in un singolo compito. In questo modo vengono sommate le competenze simili di più lavoratori. Ad esempio, più persone insieme hanno maggiori possibilità di spostare un masso pesante rispetto a un unico individuo. La seconda tecnica di addizione delle mansioni riguarda la coordinazione di attività diverse. In questo caso si presuppone una specializzazione da parte degli individui e le prestazioni sono coordinate al fine di velocizzare non solo la produzione di un singolo bene, ma dell’intero istituto. In era moderna, questa tipologia di divisione viene richiamata dalla divisione in reparti: un ramo è specializzato nell’attività X e un altro è abilitato alla mansione Y, ma insieme contribuiscono al perseguimento delle attività dell’azienda. Per ultimo, si prende il caso della divisione processuale del lavoro, in cui i lavoratori sommano le proprie competenze diverse al fine di eseguire una singola attività.
Razionalizzazione è semplificazione
La semplificazione del lavoro è una forma di razionalizzazione di esso. Il processo di produzione di un bene fu dotato di una rigida struttura organizzativa sotto la supervisione di un quadro e, come già accennato precedentemente, venne scomposto in operazioni basiche. Non fu più necessaria la specializzazione del lavoratore artigiano, il quale si doveva preoccupare dell’intero procedimento di realizzazione di un oggetto, ma divenne sufficiente una semplice capacità d’esecuzione della singola fase produttiva.
Razionalizzazione è standardizzazione
Razionalizzare una mansione significa standardizzarla, il che implica la possibilità di far svolgere il medesimo compito a un numero potenzialmente infinito di operai, i quali sono facilmente sostituibili data la semplicità delle mansioni. Gli sforzi dei lavoratori sono coordinati con il funzionamento di macchinari sempre più complessi: è il caso della catena di montaggio ideata da Henry Ford. L’invenzione del fondatore della casa automobilistica statunitense portò alla scomparsa di ogni possibile margine di discrezionalità lavorativa da parte dei dipendenti, causando perciò il problema dell’alienazione teorizzata dalla critica marxiana.