Boris Johnson si preoccupa più dell’economia nel lungo termine che delle vite nel breve termine
Il Primo Ministro Boris Johnson ha rilasciato una dichiarazione sulla risposta del governo allo scoppio del coronavirus. Ha affermato che non c’erano ancora piani per chiudere le scuole o sconsigliare assembramenti. La risposta, praticamente, sembra essere quella di lasciare che il virus faccia il suo corso anche se ciò significa che in molti non riusciranno a curarsi a causa della saturazione del servizio sanitario.
La logica è semplice
Siccome non esiste ancora un vaccino e siccome il virus è difficilmente controllabile si vuole evitare di bloccare l’economia poiché uno stop totale in piena Brexit potrebbe causare molti più costi sociali rispetto al virus in sé. Il modello adottato è il modello SIR ma con una grande assunzione. Chi si ammala di coronavirus successivamente non potrà più ammalarsi. Ad oggi ciò è probabile ma non è certo e il virus potrebbe ancora mutare.
Alcuni hanno elogiato Johnson per aver seguito i consigli degli esperti, nonostante lui abbia apertamente affermato che “molte famiglie perderanno i loro cari”. Tuttavia, per chiunque abbia guardato Shrek , Johnson potrebbe sembrare stranamente simile al famigerato Lord Farquaad quando proclama : “Alcuni di voi potrebbero morire, ma è un sacrificio che sono disposto a fare”.
La chiusura delle scuole
La chiusura delle scuole per la durata di quattro settimane potrebbe tagliare il 3% del PIL del Regno Unito, costando all’economia miliardi di sterline, secondo una ricerca presa in considerazione dal Governo.
I consulenti del Dipartimento per l’Istruzione stanno esaminando una serie di opzioni inclusa la chiusura completa di tutte le scuole e college in Inghilterra, che interesserebbe circa 7 milioni di bambini, a politiche più sfumate.
Tra le misure esaminate ci sono anche quelle attuate in Giappone, dove le scuole si sono organizzate per sospendere le lezioni delle singole classi e fasce di età quando una certa percentuale di bambini risultavano infetti, e l’Austria, dove le scuole elementari sono rimaste aperte per agire efficacemente come asili nido per i figli dei lavoratori essenziali. Il Belgio ha seguito un percorso simile.
Chiudere le scuole significherebbe che milioni di famiglie dovrebbero trovare assistenza all’infanzia, causando lacune nella forza lavoro poiché diversi genitori rimarrebbero a casa. Ciò peggiorerebbe l’impatto economico e colpirebbe i lavoratori essenziali in prima linea: il 47% dei medici di famiglia in Inghilterra e Galles ha un’età compresa tra i 30 e i 45 anni, la fascia d’età che ha più probabilità di avere figli in età scolare.
Simon Wren-Lewis, professore emerito di economia a Oxford, autore di uno studio sulle pandemie influenzali del passato , ha stimato che le perdite dirette causate dalla malattia siano comprese tra l’1% e il 2% della produzione, misurate dal prodotto interno lordo (PIL) – che si moltiplicherebbe se le scuole fossero chiuse per periodi prolungati.
Le critiche più dure
Tra le critiche più dure a questo tipo di gestione vi è quella di dichiarare di seguire un approccio sudcoreano senza effettivamente metterlo in campo.
Nel Regno Unito non si sta provvedendo al geotracking, all’isolamento mirato e all’esecuzione di test a tappeto in modo da poter curare il prima possibile i malati ed evitare che intasino gli ospedali.
Nei fatti si sta dichiarando di seguire un approccio ma senza seguirlo affatto. Ciò alla fine potrebbe portare ad una diffusione incontrollata del virus che costringerebbe al lockdown forzato. Alla fine il rischio è di trovarsi nella situazione in cui l’economia dovrà essere fermata ma le morti saranno elevatissime. L’augurio è che al governo abbiano ragione.