Cambiamenti climatici: come influenzano il debito pubblico di un Paese?
Come ben sappiamo, la pandemia da Covid-19 ha portato quasi tutti i Governi nel mondo a richiedere un’enorme quantità di prestiti per poter far fronte all’emergenza sanitaria e al calo della produttività negli Stati. Durante l’emissione di debito però, i vari Paesi non hanno tenuto conto di quanto i cambiamenti climatici possano avere una certa influenza sulla loro solvibilità.
Il rischio attuale di uno shock climatico in un Paese, se non valutato in tempo, può creare problemi sulle aspettative degli investitori creando nuove crisi del Debito Sovrano.
Cosa può generare una Crisi di questo genere? Cosa fare per evitare questi problemi? All’interno di questo articolo proveremo a rispondere a tutte queste domande.
Innanzitutto: cos’è il Debito Sovrano?
Il Debito Sovrano non è altro che la quantità di Debito accumulata da uno Stato Sovrano per adempiere ai propri compiti. Uno Stato ha l’obbligo di fornire i servizi essenziali e far fronte alle spese derivanti dall’esigenza di effettuare investimenti strutturali con l’obiettivo di raggiungere un progresso economico, scientifico e sociale del Paese. Il tasso di interesse fissato dal mercato per ricompensare gli investitori per il rischio percepito nel consentire un prestito ad uno Stato è dato dal mercato. In poche parole: maggiore è il rischio di insolvenza e maggiore saranno i costi di finanziamento.
Secondo Nature che ha analizzato alcuni documenti legali riguardo ai prestiti del settore privato ai Paesi durante la Pandemia, sono stati emesse obbligazioni per un valore complessivo di 783 miliardi di dollari con scadenza a 30,50 o addirittura 100 anni. Durante questo periodo i Governi dovranno far fronte all’accordo di Parigi. Le strade sarebbero essenzialmente due:
- Una decarbonizzazione di vasta portata;
- Affrontare direttamente i costi arrecati dal riscaldamento globale.
Si tratta in entrambi i casi di operazioni onerose per le Casse di uno Stato e che porterà delle conseguenze sulla capacità di rimborsare o rifinanziare il debito in essere. Prendiamo ad esempio l’Arabia Saudita, le obbligazioni emesse scadranno nel 2060. Una minore produttività causata dalla decarbonizzazione porterebbe ad un calo del PIL del 60%. Questo se si percorresse la prima soluzione.
Viceversa, se si sceglie di affrontare i costi del riscaldamento globale bisogna ragionare sulla possibilità che si verifichino estremi più frequenti. Uno degli esempi più recenti è l’uragano Maria in Dominica che ha causato danni per un valore stimato del 220% del PIL.
Come i cambiamenti climatici agiscono sull’economia nel dettaglio
Secondo il report di Moody’s Analytics il Climate Change impatterà sull’economia mondiale su sei canali:
- Aumento del livello dei mari;
- Peggioramento sulla salute e quindi maggiore spesa sanitaria;
- Diminuzione della produttività del lavoro;
- Turismo;
- Domanda di energia;
- Agricoltura.
Mark Zandy, capoeconomista dell’agenzia ha spiegato che gli effetti maggiori del cambiamento climatico non si noteranno fino al 2030 e non diventeranno più pronunciati prima del 2050. Sempre secondo lo stesso Mandy: “Il mondo di economia, finanza e politica si concentra sul prossimo anno o al massimo sui prossimi cinque, e questo rende difficile una risposta immediata e molto determinata al problema”. Il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazione Unite riporta che il costo dell’innalzamento delle temperature di due gradi centigradi si aggira attorno ai 69 trilioni di dollari entro il 2100 ovvero 27 volte il debito pubblico italiano.
Asimmetria informativa: come i governi si muovono al buio
L’asimmetria informativa tra i soggetti che operano nel processo economico sta aggravando la situazione. Di giorno in giorno aumentano le prove che uno grave shock climatico futuro possa verificarsi nel medio-breve periodo. Una prolungata siccità in cui il settore primario resta la prima fonte di produzione o il crollo delle industrie dei combustibili fossili potrebbe causare insolvenze e nuove crisi del credito.
Le stesse aspettative di una tale catastrofe porterebbe a costi di finanziamento più elevati per i governi più vulnerabili oppure un’esclusione dai mercati. Una “fuga di capitali” può provocare importanti danni nei Paesi a basso e medio reddito come è successo nell’America Latina negli anni ’80. A rischio saranno le generazioni future.
Sarebbe auspicabile, quindi, che gli investitori orientino i propri capitali verso i settori più “green”, generando innovazione e nuovi posti di lavoro. Queste transazioni portano enormi costi umani ed economici perché vuol dire dover chiudere le aziende che hanno un impatto maggiore sull’ambiente. Soprattutto nelle economie più avanzate questo si tradurrebbe in una maggiore spesa per gli ammortizzatori sociali e altre forme di sussidio.
Una delle soluzioni nel breve termine è un forte disincentivo per le emissioni di CO2 o altre forme di inquinamento. La Carbon Tax discussa nel Parlamento Europeo va proprio in questa direzione. Ma allo stesso tempo, tutte queste informazioni inerenti al rischio climatico evitando così un aumento dei costi di finanziamento più graduale e meno dirompente.
Ma questo non basta da solo: bisogna investire i soldi ricevuti a causa del Covid in modo da rallentare il cambiamento climatico.
I Paesi stanno investendo contro i cambiamenti climatici?
Sempre secondo l’articolo di Nature solo il 18% della spesa totale finanziata dai Programmi di Ripresa e Resilienza sono destinate ad attività che ridurranno le emissioni. La maggior parte dei Fondi sono destinati al recupero e al salvataggio di aziende ad alto impatto sull’ambiente.
Nonostante gli appelli a “ricostruire meglio” le proprie economie, i governi hanno finanziato attività dannose tra cui:
- 6,9 miliardi di dollari per nuove infrastrutture del carbone in India;
- 9,98 miliardi di dollari per il salvataggio di Lufthansa nello stesso Paese.
Invece di creare prosperità e facilitare il rimborso del debito con investimenti sostenibili si è scelto di investire in tecnologie obsolete come i combustibili fossili. A pagarne le spese saranno le nuove generazioni con nuovi debiti, un costo del capitale più elevato e un riscaldamento maggiore.
Come affrontare i cambiamenti climatici in tre passi
Per risolvere la situazione numerosi economisti e scienziati hanno proposto tre passi per affrontare il cambiamento climatico:
- Rompere con i vecchi metodi analitici per prevedere il rischio economico, affrontare la sua natura non lineare e incerto. Le domande chiave da porsi dovranno essere: come possono essere sviluppati scenari migliori per valutare le transizioni socioeconomiche? Quanto velocemente potrebbero cambiare la struttura della produzione di energia e dei prezzi? In che modo la produttività nei vari settori sarà influenzata dalle variazioni di temperatura? I metodi di modellazione devono essere ulteriormente sviluppati per rispondere a queste domande. Questi dovrebbero tenere conto dell’incertezza. Infine, dovrebbero includere funzioni di danno realistiche per l’impatto economico del cambiamento climatico.
- Utilizzare i Fondi per la Ripresa del Covid-19 per rallentare il cambiamento climatico, investire in attività che possano facilitare il rimborso del debito. L’introduzione dei Green Bonds che incentivano alla riduzione delle emissioni vanno in questa direzione;
- Legare il costo del rimborso del debito agli obiettivi quantificati di riduzione delle emissioni che rappresentano un’evoluzione degli attuali swap.
Queste potrebbero essere delle soluzioni per affrontare questi problemi per garantire un futuro alle nuove generazioni.