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“Il piano Cashless: un deterrente per l’evasione fiscale?”

Articolo a cura di Marta Contu

Dal 1° dicembre 2020 al via il cashback di Stato, un altro pilastro del piano cashless, che prevede al suo interno una serie di misure atte a disincentivare i cittadini all’utilizzo del contante nell’intento di combattere l’evasione fiscale.

In questi giorni son stati definiti i dettagli e le linee guida che regoleranno il cashback ossia un rimborso del 10% sugli acquisti rigorosamente pagati attraverso strumenti elettronici. In attesa del decreto attuativo del MEF, stando alla prima bozza circolata è prevista una soglia massima di spesa pari a 3.000 euro, suddivisi in due semestri a fronte dei quali, è possibile ricevere un rimborso direttamente sul proprio c/c bancario pari a 150 euro. Non rientrano però, i pagamenti effettuati per gli acquisti online e non sarà possibile raggiungere 1.500 euro semestrali attraverso meno di 50 transazioni. Inoltre, verrà istituito anche il supercashback ossia un premio di 3.000 euro che sarà riconosciuto ai 100 mila cittadini più virtuosi nell’utilizzo dei pagamenti elettronici. 

Qualche mese di ritardo

Il cashback è stato presentato inizialmente nell’ottobre del 2019 con data di avvio prevista nel luglio 2020 e con un piano di rimborso che sarebbe arrivato nel gennaio 2021 (ricordate il Bonus Befana?). Chiaramente ad ottobre nessuno aveva previsto l’imminente arrivo di una pandemia globale e pertanto l’entrata a regime del programma è passata in secondo piano. Questa misura quindi, fa il suo ingresso con 5 mesi di ritardo rispetto alla tabella di marcia. 

Il piano pilota: il cashless

Il cashback di Stato fa parte di un progetto ben più ampio ossia il piano cashless che ha un obiettivo molto chiaro: il disincentivo all’utilizzo del contante. Oltre al cashback tra i meccanismi di incoraggiamento verso l’abbandono del contante a fronte dei pagamenti elettronici troviamo:

1- l’abbassamento a partire da luglio 2020 del tetto per i pagamenti in contanti fissato a 2.000 euro che verrà abbassato ulteriormente a 1.000 euro a partire da gennaio 2022

2- un credito di imposta pari al 30% delle commissioni addebitate a fronte delle transazioni eseguite con carte di credito, debito o con strumenti prepagati

3- la lotteria degli scontrini. 

Combattere l’evasione

Il piano cashless, a sua volta, è stato concepito dal Governo per uno scopo molto importante: la lotta all’evasione fiscale. Infatti, attraverso il disincentivo all’utilizzo del contante si cerca di combattere una piaga tristemente nota all’Italia. Stando all’ultima relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva si stima che l’evasione in Italia sia pari a circa 107 miliardi di euro. In questo rapporto è presente anche la stima del tax gap, definito come il divario tra le imposte e i contributi versati e le imposte e i contributi che i contribuenti avrebbero dovuto versare in un regime di perfetto adempimento. Questo indice è pari al 21% circa. Cosa significa questo? Significa che ogni 100 euro di entrate attese, lo Stato ne riceve 79. 

 

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Fonte: Infodata – il Sole24ore

La pressione fiscale

Quando si parla di evasione fiscale non si può prescindere dall’analizzare un fattore molto importante che ne influenza l’andamento, ossia la pressione fiscale. Stando all’Analisi della pressione fiscale in Italia, in Europa e nel mondo – Struttura ed evoluzione dei principali indicatori di politica fiscale, la pressione fiscale in Italia si aggira attorno al 42%. A fronte di maggiori tasse richieste dallo Stato i cittadini potrebbero essere indotti a ricercare nuovi metodi per evaderle e, come un cane che si morde la coda, a fronte di minori entrate lo Stato si troverà a tassare ancora di più i cittadini.

Non sempre però maggiori tasse significano maggior evasione. Un aspetto importante è anche la percezione che il cittadino ha dell’utilizzo delle risorse che gli vengono sottratte per poter far fronte alle esigenze statali (sanità, scuola, trasporti etc.). Percezione che in Italia non è sicuramente delle migliori, ancor più alla luce del collasso del sistema sanitario durante la prima e la seconda ondata del Covid.

La spesa pubblica

Dai dati del 2019 emerge come la spesa pubblica in Italia, sia pari a circa il 49% del PIL. Ciò che differenzia la spesa pubblica italiana dalle altre è l’ammontare che il nostro Stato paga in termini di interessi

Pagare interessi alti, significa che per tanto, tempo l’Italia non è stata in grado di coprire le proprie spese con delle entrate adeguate. Difatti la quota di interessi pagata è pari al 3,4% del PIL, dato più alto in Europa.

Gli sprechi nella Pubblica Amministrazione

Per poter comprendere al meglio questi numeri è necessario indagare sull’efficienza della spesa pubblica. Non è una novità che il nostro Stato sia famoso per gli spechi nella PA. Secondo il rapporto pubblicato dall’Ufficio studi CGIA è stimato in circa 200 miliardi di euro annui. Numeri da capogiro, che devono essere letti insieme a quelli dell’evasione. Se si riuscisse a recuperare almeno la metà di quanto sottratto dall’evasione fiscale e se diminuissero radicalmente gli sprechi nella PA appare logico come sia il pubblico che il privato, ne trarrebbero benefici, in termini di quantità ma soprattutto di qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. 

Questo consente di ricollegarci a quanto descritto precedentemente. A fronte di una maggiore efficienza del comparto pubblico migliorerebbe la percezione che il cittadino ha dell’impiego delle proprie risorse versate allo Stato. Migliore percezione che potrebbe comportare sicuramente una riduzione ulteriore dell’evasione fiscale.