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Economia Darwiniana: dalla selezione naturale alla selezione economica

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Esistono studi basati sull’idea che il processo di sviluppo economico sia caratterizzato da fenomeni di mutazione e selezione, simili a quelli riscontrabili nella sfera biologica. In termini generali, l’interpretazione degli eventi economici come processi evolutivi è basata sull’ipotesi che i mercati agiscano come veri e propri meccanismi di selezione, in modo simile a quanto accade all’ambiente in campo biologico. Tali teorie hanno sempre esercitato un notevole fascino all’interno delle scienze economiche.

È possibile rilevare questo tipo di suggestione negli scritti di K. Marx, di A. Marshall e, soprattutto, di J. A. Schumpeter. La trattazione più articolata e approfondita sui vantaggi offerti dall’utilizzo di un approccio evolutivo nel campo delle scienze economiche è data dal libro di R. Nelson e S. Winter, “An evolutionary theory of economic change”, pubblicato nel 1982.

L’economia evolutiva


La maggior parte dei sostenitori dell’economia evolutiva riconosce che esistono importanti differenze tra i processi di selezione che si verificano in biologia e quelli tipici del sistema economico. In biologia, secondo le teorie di Darwin, un organismo non può trasmettere gli adattamenti acquisiti nel corso del tempo ai propri ‘discendenti’ e le uniche mutazioni trasmissibili sono quelle ereditate in modo genetico. Al contrario, in campo economico, si riconosce, generalmente, che le mutazioni possano essere  trasmissibili. L’approccio evolutivo può essere applicato a livello microeconomico e macroeconomico.
I livelli micro sono focalizzati sulla selezione di singole tecnologie, singoli prodotti o routine organizzative. Si passa, poi, a studi basati sull’evoluzione della quota di mercato delle imprese in un’industria. Infine, a livello macro, si considera la competizione internazionale tra interi Paesi.

Darwinismo universale

All’interno dell’economia evolutiva, esistono anche alcune posizioni che sottoscrivono il programma di ricerca del “darwinismo universale”. Questo approccio sostiene che la teoria del darwinismo possa essere generalizzata ed estesa, senza particolari mediazioni, ad altri campi d’indagine, inclusi i fenomeni sociali.
Questa estensione è basata sulla ricerca di una formulazione generale dei processi di mutazione, selezione e ritenzione, in modo da consentire l’applicazione diretta delle teorie evolutive a diverse discipline (come l’economia). È una posizione sicuramente più estrema di quella della maggior parte degli economisti evolutivi, poiché, in genere, essi si limitano a riconoscere una possibile analogia, anziché una similitudine totale, tra i processi di selezione biologica e quelli economici.
Essi ritenendo, inoltre, che la teoria possa necessitare di molti adattamenti e modificazioni prima di essere applicata ai fenomeni sociali.

Darwinismo sociale

Occorre distinguere l’applicazione scientifica delle teorie all’analisi dei fenomeni economici appena descritti, dalle posizioni teoriche del cosiddetto darwinismo sociale. Anche queste ultime partono dall’idea che nella sfera sociale e politica siano all’opera meccanismi di selezione analoghi a quelli biologici.
La differenza principale sta nel fatto che i sostenitori del darwinismo sociale ritengono che i processi fondamentali di selezione in campo sociale si verifichino a livello dei singoli individui e che abbiano una tendenza intrinseca a favorire il progressivo miglioramento della società. Di qui le implicazioni politiche a favore di un intervento minimo dello Stato nel sistema economico, cosicché i processi di selezione sociale possano dispiegarsi in modo compiuto.
Tale posizione va a braccetto con le posizioni liberali.

L’habitat dell’evoluzione economica, il mercato

A un’efficace evoluzione darwiniana dovrebbe provvedere “il mercato”.
Presto o tardi, in un quadro di libera concorrenza, il prodotto o servizio migliore (o quello a prezzo più basso con adeguata qualità) finisce con l’avere il sopravvento.
Ma dobbiamo chiederci se la situazione in cui ci troviamo somigli a un vero mercato – o a una competizione evolutiva in cui prevale “il più adatto”. È facile constatare che non è così. Le situazioni di monopolio, oligopolio o “confusopolio”, che dominano il mercato, distorcono il quadro competitivo. Le informazioni sono molto confuse in un mercato distorto, dove chi compra non sa che cosa compra e spesso chi vende non sa che cosa vende. Questo circolo vizioso dura da parecchi anni – e sembra difficile trovare una via di uscita.

Le alterazioni nel processo di selezione

Nel processo di selezione esistono vari fattori di alterazione, la principale è l’evasione.
L’evasione permette ad imprese inefficienti di restare sul mercato, occupando quote di mercato che spetterebbero ad imprese efficienti, e che porterebbero benefici a tutta la collettività.
Le imprese che sopravvivono solo grazie all’evasione rientrano di diritto nelle aziende zombie.

Le aziende zombie

L’ organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo la crescita ha ribattezzato Aziende Zombie le imprese che sopravvivono nonostante tutto, quelle che dovrebbero essere fallite o profondamente ristrutturate, mentre invece continuano ad operare, nonostante produttività, investimenti e margini ai minimi termini.
Secondo l’OCSE il fenomeno delle aziende zombie è una delle cause principali del crollo di produttività in Europa negli ultimi vent’anni: la loro fame di capitali, necessari alla sopravvivenza, ha drenato fondi che sarebbero dovuti andare alle nuove realtà imprenditoriali o alle imprese più dinamiche, o anche solo agli ammortizzatori sociali per permettere a quelle imprese di morire in pace senza particolari patemi.

In Italia le aziende zombie sono il 4% sul totale, impiegano il 5% degli addetti complessivi, ma consumano quasi il 20% del capitale.
Per paradossale che sia, quindi, per rendere un sistema economico migliore anziché incentivi alle assunzioni e continui salvataggi aziendali, servirebbe un piano ben progettato per abbattere le barriere del fallimento, lasciando andare per la propria strada chi non ce la fa, in modo da indirizzare verso realtà imprenditoriali migliori i capitali e la forza lavoro così che si possa costruire un sistema economico più efficiente e competitivo.

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