Comminate le condanne per la gestione dell’ex-Ilva
Nell’ambito del processo “Ambiente svenduto” la Corte d’Assise di Taranto ha emesso le sentenze di primo grado per gli organi amministrativi e non solo dell’ex Ilva di Taranto. Le persone indagate, finite sotto processo sono state complessivamente 47, di cui tre società.
Le condanne nel processo dell’ex Ilva
Gli ex proprietari e amministratori dell’Iva, Fabio e Nicola Riva hanno ricevuto una condanna, rispettivamente, a 22 e 20 anni di carcere. L’accusa è quella di concorso in associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Per loro i pm avevano chiesto 28 e 25 anni.
Condanna anche per Nichi Vendola
L’ex presidente della regione Puglia, Nichi Vendola ha ricevuto la condanna a 3 anni e 6 mesi di carcere con l’accusa di concussione aggravata per aver esercitato pressioni su Arpa Puglia. L’Arpa è l’Agenzia per l’ambiente della Regione Puglia, e l’ex presidente è accusato di aver esercitato su essa pressioni per ammorbidire i suoi rapporti sulla fabbrica.
La reazione di Vendola non tarda ad arrivare. Definisce infatti, “mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova”. Aggiunge “una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare” la sentenza che “colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali”. Infine, annuncia che appellerà tale sentenza.
Le altre condanne
Inflitti 4 anni ad Adolfo Buffo all’epoca dei fatti direttore del complesso di Taranto ed ora direttore generale di Acciaierie d’Italia, la nuova società tra ArcelorMittal Italia e Invitalia. Quest’ultima che rappresenta lo Stato.
Anche Girolamo Archinà, responsabile per le relazioni internazionali e ritenuto il braccio destro della famiglia Riva, ha ricevuto una condanna a 21 anni e 6 mesi di carcere. Luigi Capogrosso l’allora direttore dell’Ilva ha ricevuto una pena di 21 anni di carcere.
Assolto, infine, l’ex CdA Ilva Bruno Ferrante.
Confische e sanzioni per l’Ilva
L’Ilva ha ricevuto una sanzione pari a 4 milioni di euro e l’area a caldo dello stabilimento è stata confiscata. La confisca non avrà ripercussioni sull’attività produttiva poiché diverrà operativa solo nel momento in cui verrà confermata dalla Cassazione. Al momento resta attivo il sequestro con facoltà d’uso da parte di Acciaierie Italia, la join venture tra ArcelorMittal e Invitalia, che gestisce l’impianto.
Le accuse di disastro ambientale
La vicenda giudiziaria, nell’ambito del processo “ambiente svenduto” inizia il 26 luglio del 2012. In tale giorno viene notificato il decreto di sequestro degli impianti. Gli impianti coinvolti nel sequestro sono stati:
- i parchi minerali dove vengono stoccate le materie prime (carbone e ferro in primo luogo),
- la cokeria (composta da dieci batterie),
- l’impianto di sinterizzazione che produce l’agglomerato (una prima “cottura” del minerale di ferro), gli altoforni (che sono cinque),
- il GRF (un’area di recupero dei materiali ferrosi),
- due impianti che convertono la ghisa in acciaio (Acciaieria 1 e Acciaieria 2).
Il sequestro di tali impianti deriva da due maxi perizie una ambientale e una epidemiologica. Attraverso le loro emissioni, questi impianti generavano nella popolazione malattie e morte. La procura sostiene che terreni, animali, prodotti caseari è contaminato da diossina e non solo. Importante contributo fornito anche dall’associazione ambientalista Peacelink che ha stilato rapporti e raccolto dati sulle malattie e sull’inquinamento della città tarantina, in particolare modo nel quartiere Tamburi.