La guerra del petrolio
Articolo di Simone Lolli
Prima di affrontare le motivazioni che hanno portato alla guerra del greggio e le conseguenze relative, capiamo meglio di cosa stiamo parlando.
Da cosa è composto il PREZZO DEI CARBURANTI?
La composizione del prezzo dei carburanti, quindi ciò che paghiamo alla pompa quando facciamo rifornimento, è dato dalla somma di tre voci:
- il Platts,
il valore dei carburanti a livello internazionale.
Questa voce include il guadagno della parte iniziale della filiera, rappresentata dalle compagnie petrolifere;
- il Margine
Lordo dell’Industria Petrolifera.
Questa voce include il guadagno della parte di filiera incaricata di distribuire e vendere i prodotti.
È decisamente inferiore rispetto a quello delle aziende petrolifere che si occupano dell’estrazione e della produzione.
La libertà dei distributori e dei benzinai, che vendono al dettaglio, di agire sul prezzo dei carburanti è limitata solo su questa fetta del prezzo totale.
Ciò spiega perché le differenze tra i vari gestori siano minime (almeno tra coloro che operano nella legalità).
- La Tassazione (composta dalle accise e dall’IVA).
Come è intuibile, si tratta di una parte cospicua del prezzo che finisce nelle casse pubbliche, che viene spesso utilizzata quando si tratta di reperire velocemente fondi da destinare alle esigenze più svariate.
Infine, c’è l’IVA, che viene calcolata non solo sui prezzi di produzione e vendita ma anche sulle accise (praticamente si tratta di una tassa sulle tasse).
Ognuna di queste voci poi è composta da altre sotto-componenti, le quali possono variare a causa di decisioni amministrative\politiche o per situazioni contingenti (crisi, guerre, cataclismi).
Ma passiamo ora a capire cosa sta succedendo nel mondo, come è nata la “guerra del petrolio” che stiamo vivendo e cosa dobbiamo aspettarci riguardo i prezzi dei carburanti.
La causa all’origine della guerra del petrolio
Alla base di tutta questa turbolenza sul prezzo del petrolio, troviamo il mancato accordo tra Mosca ed i paesi del Golfo sui quantitativi da estrarre nei prossimi mesi, a fronte della crisi Coronavirus.
Mosca e Riad sono gli attori che tengono le fila del formato Opec+, ma stavolta i sauditi hanno tentato di forzare la mano imponendo dei tagli non concordati con i russi, che hanno rifiutato l’accordo.
Si definiva, infatti, come Opec+ l’alleanza tra l’organizzazione dei paesi estrattori Opec e Mosca.
Grazie a questa organizzazione Opec+, negli ultimi anni è stato stabilito il prezzo del petrolio, riducendo le quote per ciascuna nazione e compensando così il calo di domanda, in modo controllato sul prezzo.
Il crollo e le motivazioni
Il mancato accordo tra l’Opec e la Russia è stato un chiaro segnale di allerta.
In mancanza di tagli all’estrazione, infatti, l’eccesso di offerta avrebbe così innescato un drastico calo del prezzo del petrolio.
La LEVA per gestire il prezzo del petrolio è la PRODUZIONE dello stesso, la quale va adeguata alla domanda.
Per questo, i Paesi produttori (buona parte dei quali è riunita nell’organizzazione Opec), hanno deciso di tagliare l’output di estrazione negli ultimi anni, riuscendo a tenere il prezzo del barile abbastanza controllato.
OPEC e petrolio
Ora però, con la Cina (primo Paese per consumi di petrolio) alle prese con il drastico calo della produzione, conseguente agli effetti del coronavirus (nonché al rallentamento dell’economia del Dragone già in atto nei mesi precedenti), la domanda è diminuita ed è risultato necessario un nuovo taglio alla produzione del petrolio.
L’Arabia Saudita ed i Paesi Opec erano intenzionati, per tali motivi, a tagliare circa un milione e mezzo di barili al giorno, imponendo la decisione anche alla Russia, che non fa parte dell’organizzazione, ma ne è di fatto un alleato esterno.
Messa di fronte al fatto Mosca ha rifiutato di siglare l’accordo.
L’Arabia Saudita, di conseguenza, ha deciso di tagliare unilateralmente i propri prezzi di 6/8 dollari al barile, aumentando contemporaneamente la propria produzione di 10 milioni di barili al giorno.
Questi eventi si sono verificati tra sabato 7 e lunedì 10 marzo ed hanno provocato un mercato letteralmente inondato di petrolio a basso costo, in una fase di debolezza produttiva.
Il prezzo del petrolio è così crollato di oltre il 30%, dopo il mancato accordo tra Russia ed Opec.
Lo scontro tra Arabia Saudita e Russia ha quindi rotto gli equilibri raggiunti con molta fatica ed ha fatto saltare gli ulteriori tagli necessari a riequilibrare la flessione attuale di richiesta di greggio.
Il crollo attuale è secondo solo a quello del gennaio 1991, quando iniziò la prima guerra del Golfo, e decisamente superiore invece a quello innescato dall’inizio della crisi finanziaria nell’ottobre 2008.
Si può osservare, infatti che un barile di Arabian Light viene venduto intorno circa ai 10 dollari
(un prezzo senza precedenti), molto inferiore a quello del North Sea Brent.
Come conseguenza, Wti e Brent sono scesi rispettivamente intorno ai 29 e a 33 dollari al barile.
Un azzardo sbilanciato?
La mossa araba appare come una rappresaglia nei confronti della Russia, che non ha accettato quanto le veniva proposto.
Secondo Goldman Sachs (una delle più grandi banche d’affari al Mondo), però, i tagli alla produzione sarebbero stati “inefficaci” e l’accordo “sbilanciato”.
Inoltre, l’economia russa sarebbe capace di far fronte a prezzi del petrolio più bassi, in virtù anche delle ingenti riserve valutarie possedute (le quarte al mondo) e di un debito pubblico russo contenuto.
Le conseguenze
Le previsioni di Goldman Sachs parlano di una discesa del prezzo del Brent a 30 dollari al barile, con punte di 20 dollari.
Una situazione simile a quella registrata tra dicembre 2015 e febbraio 2016, quando, con il Brent tra 30 e 35 dollari, i prezzi medi dei carburanti in Italia vedevano la benzina a 1,370, il gasolio a 1,18 e il Gpl a 0,54 euro per litro.
Allora perchè i prezzi dei carburanti scendono lentamente?
La “guerra del petrolio”, che Russia e Arabia Saudita stanno combattendo, potrebbe durare mesi.
Di conseguenza scenderanno i prezzi di benzina, gasolio e Gpl, ma non in maniera così veloce come potremmo pensare.
Infatti, quello che interessa agli automobilisti è il prezzo di benzina, gasolio e Gpl, che non è affatto sceso in maniera significativa, come ci si aspetterebbe visto il crollo di quello del petrolio.
I prezzi dei carburanti reagiscono con una certa lentezza alle variazioni del prezzo del petrolio, soprattutto in calo, e per quanto riguarda il nostro Paese ci sarà da valutare anche l’impatto della limitazione alla circolazione, imposta come misura di contenimento per il Covid-19.
Ma capiamo meglio il meccanismo che c’è dietro.
Il motivo dei PREZZI DEI CARBURANTI STABILI va ricercato nelle dinamiche del mercato del petrolio, che viene negoziato a livello internazionali, secondo logiche di lungo e di breve periodo.
In poche parole, la benzina ed il gasolio, che troviamo oggi alla pompa, derivano dal petrolio acquistato mesi fa a prezzi stabiliti allora.
Di conseguenza il prezzo dei carburanti scenderà, nelle prossime settimane, quando verrà immesso nella filiera il petrolio che oggi è sceso ai livelli del 2016, citati dei capitoli precedenti, quando i prezzi medi dei carburanti in Italia vedevano appunto:
- benzina ad 1,370 €/l
- gasolio ad 1,18 €/l
- Gpl a 0,54 €/l
Dunque, arriverà la diminuzione del prezzo dei carburanti e tale condizione potrebbe anche protrarsi per diversi mesi, se i protagonisti della “guerra del petrolio” non dovessero trovare un accordo.
FONTI:
https://www.agi.it/economia/news/2020-03-06/petrolio-prezzi-russia-7352047/
https://mercati.ilsole24ore.com/materie-prime/commodities/petrolio/BRNST.IPE?refresh_ce
https://www.linkiesta.it/it/article/2020/03/12/opec-prezzo-petrolio-arabia-saudita-russia/45788/
https://ilmanifesto.it/guerra-del-greggio-tra-russia-e-opec/