Iperinflazione: quando la moneta rischia di non valere niente
L’iperinflazione è un tipo di inflazione caratterizzato da un aumento continuo e incontrollato dei prezzi. Nei casi di iperinflazione l’aumento dei prezzi può essere caratterizzato da tassi di incremento a due o più cifre su base mensile e talvolta anche su base settimanale. L’iperinflazione è conosciuta anche con il termine di inflazione galoppante.
Differenza tra inflazione e iperinflazione
A differenza della bassa inflazione, dove il processo di aumento dei prezzi è protratto e generalmente non visibile tranne che studiando i prezzi di mercato del passato, l’iperinflazione vede un rapido e continuo aumento dei prezzi nominali, del costo nominale delle merci e dell’offerta di denaro. In genere, tuttavia, il livello generale dei prezzi aumenta ancor più rapidamente rispetto all’offerta di moneta in quanto le persone cercano di liberarsi della moneta svalutata il più rapidamente possibile. Mentre ciò accade, lo stock reale di denaro (cioè la quantità di denaro circolante diviso per il livello di prezzo) diminuisce considerevolmente.
Iperinflazione e deficit statali
Alcuni economisti ritengono che l’iperinflazione sia causata da ampi e persistenti deficit governativi finanziati principalmente dalla creazione di denaro (piuttosto che dal prendere a prestito o dall’aumento delle imposte) . Come tale, l’iperinflazione è spesso associata a un certo stress al bilancio del governo, come guerre o conseguenze, sconvolgimenti sociopolitici, un crollo dei prezzi delle esportazioni o altre crisi che rendono difficile per il governo raccogliere entrate fiscali. Un forte calo delle entrate fiscali reali unito a una forte necessità di mantenere la spesa pubblica, insieme a un’incapacità o riluttanza a prendere a prestito, può portare un paese all’iperinflazione.
Definizione
Nel 1956, Phillip David Cagan scrisse “The Monetary Dynamics of Hyperinflation”, il libro era spesso considerato il primo studio serio sull’iperinflazione e i suoi effetti (sebbene The Economics of Inflation di C. Bresciani-Turroni sull’iperinflazione tedesca sia stato pubblicato in italiano in 1931 ).
Nel suo libro Cagan ha definito un episodio iperinflazionistico a partire dal mese in cui il tasso di inflazione mensile supera il 50% e termina quando il tasso di inflazione mensile scende al di sotto del 50% e rimane tale per almeno un anno. Gli economisti di solito seguono la descrizione di Cagan.
Le linee guida in ambiente iperinflazionato
L’International Accounting Standards Board ha emanato linee guida sulle regole contabili in un ambiente iperinflazionato. Non stabilisce una regola assoluta in caso di iperinflazione. Invece, elenca i fattori che indicano l’esistenza di iperinflazione:
- La popolazione preferisce mantenere la propria ricchezza in attività non monetarie o in una valuta estera relativamente stabile. Gli importi di valuta locale detenuti vengono immediatamente investiti per mantenere il potere d’acquisto
- La popolazione considera gli importi monetari non in termini di valuta locale, ma in termini di una valuta estera relativamente stabile. I prezzi possono essere quotati in quella valuta;
- Le vendite e gli acquisti a credito hanno luogo a prezzi che compensano la prevista perdita di potere d’acquisto durante il periodo di credito, anche se il periodo è breve;
- I tassi di interesse, i salari e i prezzi sono collegati a un indice dei prezzi;
- Il tasso di inflazione cumulativo nell’arco di tre anni si avvicina o supera il 100%.
Esempi storici e recenti
La storia conosce molti casi di iperinflazione: tra i più famosi possono essere citati il caso della Repubblica di Weimar, l’Argentina e la crisi inflazionistica dello Zimbabwe.
Recentemente il problema è tornato in auge in Venezuela.
Repubblica di Weimar
Le nazioni vincitrici della Grande Guerra decidono di addebitare alla Germania i costi del conflitto da loro sostenuti (col Trattato di Versailles). E il nuovo governo paga questi debiti stampando banconote. Trentamila persone lavorano giorno e notte nelle 30 fabbriche che producono carta e nelle 133 aziende che stampano marchi – per accelerare la produzione, le banconote vengono stampate da un solo lato. Complessivamente la banca centrale tedesca emette 524 trilioni di marchi – un trilione = 1.000.000.000.000 –, ed altri 700 vengono fatti stampare da comuni ed imprese per fronteggiare la crisi.
Il risultato finale della stampa di tutta questa cartamoneta si può riassumere in poche cifre: nel dicembre del 1923 un uovo costa 320 miliardi di marchi, un litro di latte 360 miliardi e mezzo chilo di burro 2.800 miliardi.
Zimbabwe
Lo Zimbabwe attraversò una grave fase d’iperinflazione a causa della continua emissione di banconote, il cui valore nominale non è supportato da beni reali e che non godono della fiducia degli operatori economici. Nel 1984 la nazione avviò una “radicale” riforma agraria con la confisca senza indennizzo delle terre e delle fattorie appartenute ai coloni europei e ai loro discendenti, che furono distribuite alle famiglie dei miliziani e dei partigiani della guerra di liberazione. Fu un provvedimento demagogico e punitivo che schiantò la produzione agricola fino ad allora florida (il paese – da esportatore – divenne, nel giro di tre anni, importatore di derrate alimentari). Nel 1991 il paese risultò insolvibile ed il Fondo Monetario Internazionale lo punì azzerandogli il credito. A cavallo tra il 2007 e il 2008 l’inflazione dello Zimbabwe si aggirava sul 60.000%-100.000%, ha raggiunto i 2.000.000% intorno alla metà del 2008, ha toccato gli 11.200.000% nel settembre dello stesso anno per raggiungere l’incredibile dato del 231.000.000% in ottobre. Dal 2009 in Zimbabwe non viene più stampata la banconota nazionale ma hanno corso legale il Dollaro statunitense e il Rand sudafricano. La nazione africana – oggigiorno – sopravvive grazie alla cooperazione da parte della Cina, che presta assistenza tecnica e distribuisce aiuti alimentari in cambio delle concessioni minerarie in esclusiva. Nel giugno 2015 lo Zimbabwe dice addio definitivamente alla banconota da 100 trilioni, fissando il tasso di cambio di 5 dollari americani ogni 175.000 quadrilioni di dollari locali.
Il Venezuela
L’inflazione Venezuelana può essere definitiva una crisi da emissione di moneta.
Il Venezuela è uno Stato che dipende economicamente dalla produzione di petrolio.
Il crollo del prezzo del petrolio ha portato ad un generale impoverimento della popolazione. Il Presidente Nicolàs Maduro ha risposto con una politica volta a spingere la domanda interna finanziata attraverso l’emissione di moneta, tuttavia per convincere gli investitori esteri ad avere fiducia nel Bolivar fu deciso di ancorarne il valore al Dollaro.
Ciò ha portato ogni nuova emissione ad una svalutazione della moneta sempre più ingente che ha conseguentemente portato ad un aumento del costo delle importazioni di beni sino a renderli praticamente impossibili da acquistare avendo una moneta ormai priva di valore.
Recentemente è stato deciso di aumentare il salario minimo di 34 volte portandolo da 5,2 milioni di Bolivar a 180 milioni. Secondo l’FMI l’inflazione raggiungerà 1.000.000% entro la fine dell’anno.