Il monetarismo, o teoria monetarista, ha avuto un ruolo importante nello sviluppo del pensiero economico. Ancora oggi influenza l’operato dei police makers e di vari economisti.
Tra questi, un’attuale sostenitore è Steve Hanke, professore di economia applicata alla Johns Hopkins University.
Steve Hanke vs Fed
Nel corso del 2021, ha focalizzato la propria attenzione sugli Stati Uniti. Non ha esitato ad avvertire pubblicamente che la Fed, aumentando l’offerta di moneta, stava applicando proprio le politiche che il monetarismo riteneva avrebbero fatto aumentare i prezzi.
“Non guardano nemmeno all’offerta di moneta. Hanno causato un’enorme impennata della disponibilità di moneta che ha creato inflazione… e non contemplano la possibilità che una corretta gestione di M2, la metrica usata dalla Fed per misurare il denaro, sia il modo per risolverlo”.
Steve Hanke
Hanke ha visto il disastro in anticipo esternandolo in un editoriale del Wall Street Journal del luglio dello scorso anno, scritto insieme a John Greenwood.
Mentre la Fed definiva l’impennata dell’indice dei prezzi al consumo di allora (+5%) come uno shock “transitorio”, Hanke e Greenwood hanno previsto che l’inflazione avrebbe raggiunto un valore compreso tra il 6% e forse il 9% entro la fine del 2021, e probabilmente sarebbe rimasta elevata fino al 2024.
L’indice ha chiuso l’anno scorso al 7% e quest’anno si è mantenuto all’estremità superiore dell’intervallo di Hanke, attestandosi all’8,3% in agosto. Hanke e Greenwood sono stati i soli a mettere un numero sulle loro previsioni, e hanno centrato il bersaglio.
E non ha esitato, successivamente, ad esternare altri punti di vista (sul caso).
“La politica monetaria ruota attorno al tasso di crescita e all’offerta di moneta; questa è la chiave, non i tassi di interesse”
Steve Hanke, a FRANCE 24.
Le convinzioni del professor Friedman
La teoria monetarista, nota anche come Scuola di Chicago, ha come esponente di spicco il celebre economista americano Milton Friedman. La convinzione del professor Friedman era che “i soldi contano”. E, come notò la Royal Academy of Sweden nell’annunciare il suo Nobel del 1976, era una voce solitaria nel sostenere l’importanza dell’offerta di moneta in economia quando iniziò a scriverne negli anni ’50.
Negli anni ’70 gli shock petroliferi innescarono una grave fase di recessione e inflazione- detta anche stagflazione. Ma la teoria keynesiana, quale punto di riferimento, non riusciva a dare una spiegazione. La scuola monetarista di Friedman rappresentò allora un tentativo di elaborare strumenti teorici che potessero risolvere quella congiuntura economica.
1. Cosa influenza il tasso di inflazione?
Per i monetaristi la quantità di moneta in circolazione influenza il tasso di inflazione e le variazioni di breve periodo del reddito reale.
L’inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario nel senso che è e può soltanto esser prodotto da un aumento più rapido della quantità di moneta, rispetto la produzione.
— Milton Friedman da La controrivoluzione nella teoria monetaria, 1970
… a cui si collega la famosa formula dell’economista Fisher, la teoria quantitativa della moneta :
M*V=P*Q
Nel breve periodo, la velocità di circolazione della moneta e il livello di produzione sono costanti. Questo farà sì che ad aumento della moneta seguirà un aumento del livello dei prezzi.
Quindi, secondo Friedman, l’inflazione è un fenomeno monetario.
2. Quanta moneta iniettare nel sistema economico?
[…] Un tasso stabile di crescita monetaria ad un livello moderato può creare una struttura nella quale un paese può avere poca inflazione e molta crescita. Ciò non produrrà la stabilità perfetta; non produrrà il paradiso sulla terra; ma può dare un importante contributo ad una stabile società economica.
— Milton Friedman da La controrivoluzione nella teoria monetaria, 1970
Sarebbe meglio che la moneta aumentasse ad un tasso costante ogni anno. Evitando oscillazioni eccessive e discrezionali della quantità di moneta. In questo modo non si trasmetterebbero impulsi particolari all’economia.
Questo perché gli impulsi monetari si trasmettono in modo ritardato e impreciso sull’economia reale. Il ritardo, a sua volta, spingerebbe a dare maggiore impulso monetario. O che gli effetti sperati, a causa di impedimenti intermedi, non si verificano.
Quindi, secondo Friedman, sarebbe meglio che l’offerta di moneta non fosse discrezionale.
3. Quale approccio di politica monetaria adottare?
Secondo Friedman, le scelte di politica monetaria dovrebbero seguire una regola. Ossia legare la quantità di moneta, da mettere in circolazione, con l’attività reale e finanziaria. Stabilendo un determinato obiettivo di inflazione (vedi il ruolo della Bce).
Questo approccio teorico si basava sull’idea che i mercati riuscissero a trovare un equilibrio in modo autonomo.
Se una banca centrale operasse in questo modo, si fornirebbe all’economia solo la moneta di cui avrebbe bisogno. Non si inietterebbe mai troppa moneta in circolazione. Non si provocherebbero spinte inflazionistiche.
Inoltre, si eviterebbero anche problemi di deflazione. Le banche centrali, seguendo la regola, non andrebbero mai a ridurre oltremodo la moneta in circolazione.
“Liberi di scegliere”
“Non influenziamo il corso degli eventi persuadendo le persone. […] Piuttosto, esercitiamo un’influenza mantenendo le opzioni disponibili quando è necessario fare qualcosa in un momento di crisi”.
Written with his wife, Rose Friedman, Milton Friedman, in “Two Lucky People.