Home » Finanza » Mercati Finanziari » La questione Israelo-Palestinese potrebbe far rialzare i costi in bolletta

Palestine confrontation with Israel. Concept of flags. War and military. Grunge vintage cracks retro style

Le conseguenze economiche all’attacco di Israele, da parte dei Miliziani di Hamas, non si sono fatte attendere. I mercati energetici sono entrati in subbuglio solo pochi giorni dopo l’irruzione, all’alba del 7 ottobre scorso, nei territori antistanti alla striscia di Gaza. Sospinti da venti di guerra dovuti agli ultimi aggiornamenti nella questione Israelo-Palestinese, dal fronte mediorientale, ad Amsterdam sono stati registrati aumenti nei costi di scambio del gas naturale, il quale è risalito nuovamente sopra i 42 al Megawattora. Non solo, lunedì 9 ottobre, il WTI e il Brent sono scattati di quasi il 4 per cento, balzando rispettivamente a $86,07 e $87,71 al barile.

Questione Israelo-Palestinese: analogie con il fronte di guerra europeo

Il timore della politica è che possa ripetersi quanto avvenuto nei primi mesi del conflitto Russo-Ucraino. A causa della forte dipendenza italiana da fonti fossili straniere, potrebbero esserci problemi nell’approvvigionamento di queste risorse. A fare il punto è anche il Ministro del Made in Italy: Urso. A Mattina 24 su Rainews 24, dopo aver enunciato sostegni alla causa israeliana, ha delineato il seguente scenario:

Bisogna essere vigili, uniti e coesi in Europa per fronteggiare questa situazione di emergenza che rischia di far esplodere altre problematiche, mi riferisco per esempio a quella dell’energia come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio.

Il portafoglio energetico italiano

questione Israelo-Palestinese

L’Italia dopo la rinuncia in larga parte delle forniture di gas Russo, a causa del conflitto scatenato da Mosca, ha allargato il pacchetto di paesi fornitori. Secondo dati di Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), della totalità del gas naturale importato nel 2022 (72,6 miliardi di metri), la percentuale contrattuale di importazione è così suddivisa: Algeria 36%, primo fornitore; seguono Russia e Azerbaigian con circa il 15%; Qatar il 10%; Norvegia con l’8,6%, Libia al 4,3% e quote minori di importazione via nave da Spagna, Egitto e Nigeria.

Questione Israelo-Palestinese: la variabile Algeri

In uno scenario di alleanze internazionali, al sostegno di Israele, nasce il sospetto che alcuni dei nostri maggiori fornitori potrebbero non aderire fermamente. Gli indizi ricadrebbero sul maggiore fornitore di gas naturale italiano, l’Algeria. Infatti, agli eventi del 7 ottobre, il ministro degli esteri algerino, sulla sua pagina Facebook, ha condannato fermamente Israele per i pregressi attacchi a Gaza definendoli “attacchi brutali” e una “violazione delle più elementari regole umanitarie e dei riferimenti di legittimità internazionale”.

Le conseguenze sui consumatori

questione Israelo-Palestinese

I rincari a causa di questo conflitto, e non solo, andranno a incidere sui costi dei consumi di luce e gas. A farne le spese saranno dunque i consumatori che vedranno probabilmente lievitare le bollette di pagamento. Assoutenti, associazione a tutela dei consumatori, ipotizza un aumento del 15% di luce e gas. Con calcoli stabiliti per un consumo di una famiglia media, tenendo conto dei già presenti rincari del terzo trimestre, si registrerebbero aumenti di +314 euro annui comprensivi di luce e gas. Non solo, i rincari dovrebbero registrarsi nei mesi di maggiore domanda di fonte fossile: i mesi invernali.

Le rassicurazioni europe

La commissione europea, come riportato da Ansa, ha avviato un’azione per riassegnare dei finanziamenti regionali dell’Unione Europea, ammontanti a circa 1,3 miliardi di euro. L’obiettivo principale è quello di utilizzare queste risorse per mitigare l’aumento dei prezzi dell’energia causato dalla questione israelo-palestinese. Ci si augura che questo intervento possa contribuire a ridurre i costi dell’energia per i cittadini.

A cura di Davide Zerenga