Il mercato dei derivati è caratterizzato da volumi di transazioni in costante crescita negli ultimi anni, fatto attribuibile in particolare all’aumento della rischiosità nei mercati finanziari ed alla conseguente richiesta di strumenti di copertura. Tra questi ultimi si sono ritagliati uno spazio di assoluta importanza gli Swap, grazie in particolare alla possibilità di adattarsi a diverse necessità espresse dagli operatori.
Prima di parlare delle immense potenzialità di questo strumento, può risultare utile muovere dalla definizione di Swap. Uno Swap è uno strumento finanziario in forza del quale due soggetti giuridici si obbligano contrattualmente ad effettuare, in favore della controparte, pagamenti periodici fissi o variabili in date future determinate. Nella maggior parte dei casi, il pagamento avviene fisso contro variabile o variabile contro fisso: ciò significa che una delle due parti assume l’obbligo di riconoscere all’altra un pagamento fisso, mentre la seconda riconoscerà un pagamento variabile, cioè parametrato ad un indice di riferimento. L’alternativa del variabile contro variabile risulta invece assai meno diffusa. Gli Swap sono negoziati Over The Counter (OTC), ovvero in mercati non regolamentati, il che permette alle controparti di “costruire” contratti ad hoc in base alle proprie esigenze dal punto di vista del nozionale di riferimento, delle date e modalità di pagamento, dei parametri di indicizzazione e della durata.
È proprio questa possibilità di estrema personalizzazione a rendere questi derivati funzionali a qualsiasi tipo di strategia, dalla copertura (hedging, soprattutto nel caso di aziende non finanziarie) alla speculazione. Esistono diverse tipologie di Swap, che si distinguono in base al sottostante di riferimento. I più negoziati sui mercati sono i contratti sui tassi di interesse: i celeberrimi IRS (Interest Rate Swap). Accanto ad essi si trovano i Cross Currency Swap (CCS), che hanno come sottostante un tasso di cambio, gli Equity Swap, derivati basati sulle performance di titoli azionari, ed infine i Commodity Swap sulle materie prime.
I contratti IRS devono il loro successo principalmente alla necessità di copertura dai tassi di interesse che esprimono aziende e singoli individui. Come una vera e propria bacchetta magica in mano agli operatori dei mercati, questi strumenti permettono di “trasformare” il parametro di indicizzazione in particolare di debiti a lungo termine. Supponiamo, per esempio, che un’azienda manifatturiera si sia indebitata per 100.000€ nei confronti di una banca stipulando un contratto di finanziamento a tasso variabile (ad esempio l’Euribor a 6 mesi) per l’acquisto di un macchinario. L’impresa si trova dunque esposta ad un rischio legato alle possibili oscillazioni dei tassi di interesse di mercato: un incremento dell’Euribor a 6 mesi determinerebbe per la società un aumento degli oneri finanziari nei confronti della banca creditrice. Per far fronte a questo rischio, l’azienda può decidere di acquistare copertura dal rischio tasso stipulando un IRS con un intermediario finanziario.
Le due controparti stabiliranno dunque un nozionale di riferimento pari al valore del finanziamento (o ad una frazione di esso, in base alle politiche di copertura che si vogliono adottare) ed una durata del contratto pari alla durata del finanziamento in essere con la banca. il contratto prevedrà dunque che l’impresa riconosca alle scadenze prestabilite nei confronti della controparte il pagamento di un tasso fisso sul nozionale (ad esempio il 3%), ricevendo in cambio il tasso variabile (Euribor 6 mesi), che utilizzerà per pagare gli interessi sul finanziamento ottenuto. Ecco che è avvenuta la trasformazione: l’impresa non è più esposta alle oscillazioni del tasso Euribor, e paga al posto di esso un tasso di interesse fisso (3%). Allo stesso modo i contratti di IRS possono essere utilizzati, per esempio, da singoli e famiglie per coprirsi dal rischoi di tasso di interesse di mutui a tasso variabile
Attraverso i CCS le due controparti si obbligano a scambiarsi periodicamente flussi denominati in due diverse valute, potendo in questo modo coprirsi il rischio di tasso di cambio. A questo si può aggiungere, nel caso dei Cross Currency Interest Rate Swap (CCIRS) la copertura dal tasso di interesse, con pagamenti indicizzati in due diverse valute e a due diversi tassi di interesse (fissi o variabili). Queste tipologie di contratto possono risultare estremamente utili per aziende internazionali che operano in valute diverse da quella locale.
Gli Equity Swap sono caratterizzati da uno o entrambi pagamenti parametrati alle performance di un titolo azionario, di un indice o di un basket di titoli. Anche questi contratti possono avere una doppia valenza: speculativa o di copertura. La ratio di fondo delle strategie di hedging condotte attraverso Equity Swap si basa sulla possibilità di mantenere una partecipazione nel capitale sociale di una società, senza essere tuttavia esposti alle oscillazioni dei corsi degli stessi titoli. Tali contratti possono prevedere o meno il riconoscimento dei dividendi alla controparte.
L’ultima tipologia di Swap è caratterizzata da uno o entrambi i pagamenti ad opera delle controparti parametrati all’andamento di una o più commmodities (o un paniere di esse). Attraverso tali contratti le aziende possono ottenere copertura dalle fluttuazioni della commodities oppure eliminarne il rischio “bloccando” il prezzo di una commodity al fine di garantire la stabilità dei costi del processo produttivo. A differenza delle altre tipologie di swap, il Commodity Swap prevede un nozionale di riferimento espresso in quantità fisica di sottostante (ad esempio i barili) ed un unico flusso di cassa.
I contratti di Swap possono essere declinati in diverse tipologie di strumenti in base alle necessità degli investitori, siano essi società finanziarie, imprese o singoli. Tra le infinite forme che questi possono assumere vengono annoverati, per esempio, i Credit Default Swap (CDS), protagonisti assoluti (assieme alle cartolarizzazioni) della crisi dei mutui sub-prime.