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Franco CFA e neo-colonialismo: verità e bufale

  1. Perché si è tornati a parlare del Franco CFA?

Domenica 20 gennaio, nel corso della trasmissione Rai “Che tempo che fa”, l’ex deputato Alessandro Di Battista ha dichiarato che (sintetizzando) la Francia usa il Franco CFA per una politica di sfruttamento delle sue ex colonie. Ex colonie che secondo l’attivista e scrittore, non sarebbero tanto ex ma piuttosto attuali.

Alessandro Di Battista mentre mostra un fac-simile del Franco CFA

La dichiarazione di Di Battista

“Attualmente la Francia, vicino Lione, stampa la moneta utilizzata in 14 paesi africani, tutti i paesi della zona subsahariana. I quali, non soltanto hanno una moneta stampata dalla Francia, ma per mantenere il tasso fisso, prima con il franco francese e oggi con l’euro, sono costretti a versare circa il 50 per cento dei loro denari in un conto corrente gestito dal tesoro francese. Ma soprattutto la Francia, attraverso questo controllo geopolitico di quell’area dove vivono 200 milioni di persone che utilizzano le banconote di una moneta stampata in Francia, gestisce la sovranità di questi paesi impedendo la loro legittima indipendenza, sovranità fiscale, monetaria e valutaria, e la possibilità di fare politiche economiche espansive”

La tassa del 50%

Iniziamo da questo punto: solo due Paesi africani hanno restrizioni economiche nei loro rapporti con la Francia. Queste restrizioni non rientrano comunque nella definizione di tassa. Gli altri dodici Paesi non hanno alcuna restrizione e hanno deciso spontaneamente di unirsi alla CFA. Il 50% a cui forse si deve la nascita di questa “tassa-bufala” è parte delle regole del CFA. Nel dettaglio

  • La Francia garantisce la convertibilità illimitata del Franco CFA e del Franco delle Comore in qualsiasi valuta straniera
  • il tasso di parità è fisso
  • i trasferimenti di capitale all’interno del CFA, sono gratuiti
  • il 50% delle riserve valutarie dei Paesi della zona monetaria del Franco CFA (65% per quelle riserve del Franco delle Comore) sono depositate in un conto di transazione della Banque de France a Parigi

I migranti non arrivano dai Paesi della CFA

La CFA comprende 14 Paesi in totale ma questi costituiscono una percentuale irrisoria delle basi di partenza dei migranti che arrivano nel nostro Paese. Secondo i dati del ministero dell’Interno, il primo dei Paesi CFA per numero di persone che arrivano in Italia è la Costa d’Avorio. Nel 2018 gli ivoriani sono stati 1064, piazzando il Paese all’ottavo posto nella classifica generale. Se invece si fa il conto dei cittadini degli Stati CFA che hanno richiesto asilo, si arriva complessivamente a……zero.

Dove viene stampato il Franco CFA?

Il fatto che il Franco CFA sia stampato in Francia potrebbe far pensare a un indizio dell’effettiva volontà dei transalpini, di controllare i quattordici Paesi africani. Tuttavia, non è un fatto insolito che una valuta sia prodotta in Stati dove essa non circola. Una parte delle banconote in Euro è stampata addirittura nel Paese che sta attualmente cercando di capire come (o se?) uscire dall’Unione europea: il Regno Unito. Queste banconote vengono poi esportate negli Stati dell’Eurozona al costo di produzione e poi distribuite dalle varie banche centrali.

I vantaggi del Franco CFA

Dopo la seconda guerra mondiale, il franco francese (la moneta usata allora in questi Paesi) subì un repentino deprezzamento e porto alla nascita dell’attuale moneta nel 1948. Questo sistema monetario permise, e permette, di minimizzare i rischi delle fluttuazioni del cambio. L’Euro è una moneta forte è quindi funziona come un’ancora per il Franco CFA che di conseguenza salvaguarda l’economia reale e i consumatori. Questa situazione è particolarmente ottimale per i Paesi del CFA che sono (chi più chi meno) in via di sviluppo e che hanno una buona parte del loro debito pubblico in valuta estera. Il sistema ovviamente non è perfetto, imprescindibile o altro ma ha delle oggettive caratteristiche utili alla situazione attuale in Africa.

Le due zone che compongono la Comunità finanziaria africana

I vantaggi per la Francia

La Francia non è una ONLUS, ovviamente ha tutto l’interesse al mantenimento della comunità finanziaria. Questa presenza indiretta dei nostri vicini, è una leva per poter fare la voce grossa in questioni geopolitiche. Con organizzazioni terroristiche sempre presenti e guerre civili all’ordine del giorno, poter affermare di essere una forza di stabilizzazione fa la differenza.

Published by
Andrea Noli