Franco CFA: l’analisi del Professor Amato
Il Franco CFA, negli ultimi giorni, sembra essere l’argomento più discusso di sempre. Teorie di nuove forme di colonialismo, fanno apparire le cose leggermente diverse da ciò che sono realmente. Eppure, si sa, per tenere il pubblico attento, bisogna utilizzare termini forti. Su questo, probabilmente, non sarà d’accordo il Professor Massimo Amato.
Citazioni sbagliate: un problema mondiale
Il Professor Massimo Amato, è stato preso in causa da alcuni esponenti politici che potrebbero aver frainteso alcune sue parole circa il franco CFA. Professore di “Storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario globale” presso la Bocconi di Milano, collaboratore con alcuni economisti africani come Kako Nubukpo, Massimo Amato è stato costretto a correggere i suddetti esponenti, per più di 15 volte. Perché?
Franco CFA: storia e utilizzo
Il franco CFA nasce a seguito della seconda guerra mondiale. Essa, come ben sappiamo, portò conseguenze devastanti anche all’economia dell’intero pianeta. Dopo il conflitto, infatti, monete come la lira o come appunto il franco francese, erano piuttosto deboli. Il Franco CFA nasce, quindi, come strumento per minimizzare i rischi di fluttuazioni del cambio. Tecnicamente, il franco CFA (franco della Comunità Finanziaria Africana) prevede un tasso fisso, precisamente 1 euro = 655.9570 franchi. Da qui, già emergono le prime riflessioni del Professor Amato e le sue rettifiche circa le affermazioni di coloro i quali affermano che il franco sia un sistema di neocolonialismo.
Un incentivo all’immigrazione?
Pensiero di molti è che il franco CFA sia la causa, diretta o indiretta, dei forti flussi migratori di cui sentiamo parlare quotidianamente. Il franco, infatti, sarebbe un sistema di impoverimento dell’Africa e quindi, spingerebbe i migranti verso nuove mete, tra cui l’Italia. Ancora una volta, il Professor Amato interviene sostenendo che “E’ chiaro che non ci sono una monocausa e un unico effetto” circa la povertà in Africa. Sarebbe quindi assurdo addossare a tale sistema monetario la responsabilità per la povertà in Africa. Le parole di Amato, sono confermate anche dalle statistiche sulla cittadinanza dei migranti che arrivano in Italia: la maggior parte proviene dalla Tunisia che, di fatto, non utilizza il franco CFA. Ricordiamo, infatti, che questa valuta viene utilizzata da 14 Paesi dell’Africa sub-sahariana.
In che modo le sue teorie sono state travisate?
Tutto nasce, come afferma Amato, da una sua intervista a Night Tabloid su Rai2. Le sue parole, hanno dato vita ad affermazioni basate su concetti totalmente mal interpretati. Perché? Innanzitutto, Massimo Amato, si sofferma su quanto affermato da Gianluigi Paragone. Egli infatti ha affermato che su dieci euro inviati in Africa, cinque euro sono trattenuti dalla Francia e questa è un’affermazione totalmente errata. Il Professore, correggendo Paragone, ci spiega come funzioni realmente il sistema del franco CFA.
La vera domanda: come funzione il franco CFA?
Il franco CFA, ci spiega il Professore, è un sistema che prevede il tasso fisso. I vantaggi del tasso fisso sono ovvi: protezione dalla volatilità dei cambi che potrebbe non attrarre capitali in Africa, in caso di ribassi; ma soprattutto, la possibilità di aprire e sfruttare conti esteri liberamente, il che è un gran vantaggio “ per un’élite “ sostiene il Professor Amato. La Francia offre il trasferimento gratuito di capitali nell’area di interesse, in cambio ottiene che il 50% delle riserve valutarie della BCEAO vengano depositate su un conto corrente gestito dal tesoro francese. Amato, aggiunge anche che, spesso, gli africani eccedono tale quota e che quindi, volontariamente, depositano una somma maggiore su tale conto.
Vantaggi e svantaggi: chi guadagna col franco CFA?
La somma attualmente presente sul conto, ammonta a circa 10 miliardi. Questi vengono investiti in titoli di debito francese. Chiunque sostenga che la Francia utilizzi tale denaro per finanziare il proprio debito, sostiene Amato, avrà piacere nel sapere che esso rappresenta solo lo 0.5% del debito pubblico francese. E cosa succede agli interessi sulle riserve? Ovviamente, le riserve valutarie maturano interessi: ebbene, questi vengono incassati dalla BCEAO. Concretamente, afferma Amato, i vantaggi del franco CFA riguardano un’élite. Egli, sostiene, infatti che un problema effettivamente esista e che ci sia qualcosa da cambiare.
Un freno allo sviluppo
Così come la Francia sostiene costi ingenti per la gestione del franco CFA, anche l’Africa soffre per la volontà di mantenere il tasso di cambio fisso. Questo provoca una eterna lotta tra i tentativi di espansione del credito interno e il cambio fisso stesso. Secondo Amato, difendere il tasso fisso implica razionare il credito. Perché? Un’espansione creditizia, porterebbe un’espansione dell’attività produttiva ossia sviluppo. DI conseguenza, l’aumento di importazioni e prezzi interni, farebbe pressione sul tasso fisso. Il Professore, ad Altraeconomia, afferma che “con questa politica la BCEAO tarpa le ali allo sviluppo di un’economia locale. A queste condizioni si possono vendere bene le materie prime, ad esempio i fosfati del Togo. Ma il franco CFA condanna l’Africa a essere puramente esportatore di materie prime e a non avere, ad esempio, nemmeno un’industria di trasformazione agricola, con tutti i benefici di stabilizzazione dei prezzi agricoli interni e di aumento dell’occupazione manifatturiera che ciò comporterebbe.”
Il cambiamento è da accettare
Per quanto il sistema del franco CFA, sia utile a preservare dall’inflazione e dall’instabilità, il Professor Amato sostiene che questo debba essere superato. Eppure, tutto questo sembra difficile: abbiamo, infatti, casi come quello del Mali che ha provato ad abbandonare il sistema ma ha subito fatto un passo indietro a causa della forte inflazione. Concludendo, Amato sostiene che il problema esiste, che il vantaggio economico per la Francia non c’è e, soprattutto, che non c’è alcun rapporto tra i flussi migratori e tale sistema monetario.