Bio-on: l’unicorno che ha smesso di volare
Cosa possono avere in comune fantasy e finanza? Gli unicorni. A primo impatto potrebbe sembrare l’affermazione di un folle, ma così non è. Infatti gli “unicorni” sono quelle start-up, non ancora quotate in borsa, che hanno raggiunto il valore di 1 miliardo di dollari in capitalizzazione sul mercato. Come gli unicorni, queste aziende sono estremamente rare, quasi dei cigni neri come le definirebbe il mio amico Nassim Nicholas Taleb (se non conoscete i cigni neri leggete questo: https://financecue.it/la-teoria-del-cigno-nero/13257/). Anche sui mercati italiani si è potuto assistere alla comparsa di un unicorno, ossia la società bolognese Bio-on, che nel luglio 2018 valeva circa 1,31 miliardi di euro, e che oggi è sull’orlo del fallimento.
Come si crea una fiaba
Bio-on nasce nel 2007 come azienda operante nel settore delle bio-tecnologie, cercando di rivoluzionare il mondo della plastica attraverso soluzione completamente naturali. Al timone della società vi era posto Marco Astorri, il quale guidò Bio-on alla conquista del mercato finanziario italiano, portando il valore delle azioni (ISIN IT0005056236) da 6€ al dicembre 2014, a toccare quota 70€ a luglio 2018. “L’umanità sta aprendo nuove strade” commentò all’apice del successo imprenditoriale, facendosi portavoce di una nuova fase di crescita ed evoluzione del settore terziario italiano.
Come spesso accade, però, le facciate più belle sono lì per coprire i peggiori disastri immaginabili. A luglio 2019 (il 24 per essere precisi), un’analisi condotta dal fondo Quintessential toglie il corno al nostro unicorno, scoprendo la frode. Bio-on vantava ricavi per 50 milioni di euro annui e utili per 40 milioni. Tutto denaro inesistente. Infatti sui bilanci erano registrate entrate non dovute alla vendita dei prodotti realizzati, ma alla vendita di concessioni ad aziende create dalla stessa Bio-on. E la bio-plastica? Rappresentava un progetto incompleto, come lo stabilimento tanto osannato (date un’occhiata al sito dell’azienda).
Colpa solo di Bio-on? Non proprio
Le lacune del bilancio dell’azienda erano più che evidenti agli occhi di un attento analista (o ad una persona che non crede nell’esistenza degli unicorni), quindi come ha fatto a quotarsi in borsa? (e a valere 1 miliardo). La risposta è nel regolamento italiano per quotarsi sulla borsa di Milano. Infatti, per le piccole aziende, non è previsto alcun vaglio da parte di Consob e non è necessario alcun prospetto. Basta solo un documento di ammissione garantito da un ente (chiamato Nomad) che, in pratica, viene pagato dall’azienda per rilasciare il documento. Potete lontanamente immaginare l’affidabilità delle ricerche condotte da questi enti, o almeno per quelle condotte da EnVent Capital Markets, che ha concesso il lasciapassare a Bio-on.
“Sembrava vero”
Quintessential pubblica i dati del report che smaschera l’inganno di Bio-on. L’effetto è devastante. Il titolo perde il 75% del proprio valore in una sola giornata. La valanga colpisce il fondo norvegese Norges (che deteneva il 2.3% delle azioni Bio-on), la Blackrock (0.46%) e soprattutto la banca Finnat Euramerica (0.096%).
Perché tra i tre investitori Finnat risulta la più colpita? Perché era l’unica banca a produrre report sull’operato di Bio-on. Oltre al danno anche la beffa. Infatti, la banca romana risultava partecipe per due joint-venture inesistenti che, però, incidevano per il 36% sul bilancio dell’unicorno. Dopo gli eventi di luglio, il commento della banca è stato “Non sono previsti impatti sui nostri requisiti patrimoniali”. Armiamoci e partite.
Ritorno alla realtà
Ad oggi il futuro dell’azienda è più incerto che mai, oscillante tra il fallimento o la completa chiusura. Il danno, però, sarà irreversibile. Il titolo è bloccato in borsa (“Bio-off” come la definisce ora Quintessential), e i posti di lavoro dello stabilimento sono a rischio come quelli delle poche (reali) controllate dell’azienda, in particolare per Sebiplast. Per i piccoli investitori sarà avviata una pratica di rimborso, gestione lasciata al Sindacato Italiano per la Tutela dell’Investimento e del Risparmio. E Marco Astorri? Ha da poco lasciato i domiciliari. Non proprio una nuova strada.