Economia

L’Iran vuole vendetta: crisi in Medio Oriente

Non sono mai stati grandi amici (almeno recentemente) ma ora Iran e U.S.A. sembravano a un punto di non ritorno. Gli Stati Uniti hanno ucciso, a Baghdad, il generale iraniano Qasem Soleimani. Quella che pare essere un’azione figlia dell’impulsività del presidente Trump rischia di scatenare un nuovo conflitto in Medio Oriente.

La reazione delle Borse

Piazza Affari ha visto crollare quasi tutti i titoli con la prevedibile eccezione dei titolo legati al mondo del petrolio. Saipem, Eni e Tenaris hanno avuto un’impennata dopo l’assassinio del capo dei Quds. Saipem è risultato essere il miglior titolo del paniere Ftse Mib con un rialzo dello 0,87 percento.Il petrolio ha raggiunto il suo massimo da maggio e la situazione potrebbe portare a picchi ancora più vertiginosi. Il petrolio è salito di tre punti percentuali con il Brent a quota 68 Dollari e il WTI a quasi 63.

L’importanza di Qassem Soleimani in Iran

Il generale Soleimani era il capo delle Guardie della rivoluzione islamica e una delle figure più potenti nel Paese persico. A lui sono attribuiti i successi sciiti in Libano, Afghanistan e Siria dove ha supportato il regime di Assad. Importante anche i successi di Soleimani contro l’ISIS. L’Iran era riuscito a sventare numerosi tentativi di eliminazione del suo generale, l’ultimo dei quali poco prima della fine dell’anno. Gli Stati Uniti consideravano il generale un nemico importante dato il sospetto che fosse dietro a diversi attentati contro statunitensi e israeliani.

L’equilibrio intorno al petrolio

La geopolitica in Medio Oriente è sempre stata legata (in tempi moderni almeno) al petrolio. Nella zona si concentrano alcuni tra i più grandi giacimenti di petrolio al mondo e metà dei membri dell’OPEC. Nel settembre scorso l’Iran, attraverso i suoi alleati sciiti dello Yemen, ha colpito la sua nemesi regionale, l’Arabia saudita. Dei droni hanno sferrato un attacco ad alcune raffinerie saudite, provocando delle conseguenze paragonata agli shock derivanti dalla guerra dello Yom Kippur.

Le perdite erano state nell’ordine dei cinque milioni di barili al giorno ma la veloce ricostruzione ha permesso di non creare danni prolungati. Ma se dopo l’attacco yemenita lo shock era stato smorzato dalle riserve di petrolio saudite e mondiali, un conflitto con l’Iran avrebbe risultati diversi. La sola Italia, importa quasi il 30% del petrolio di cui ha bisogno proprio da questa regione.

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Andrea Noli