Nuovo anno stesso tema: la microimpresa
“Il Governo sta uccidendo le piccole attività” è il ritornello che si sente ogni anno ma i dati dicono tutt’altro. È ora di andare oltre il “piccolo è bello” e farsi due domande sulle micro attività.
Il problema tutto italiano delle microimprese
Ogni anno c’è un nuovo tema che, secondo confartigianato e altre categorie che rappresentano le micro attività, metterebbe a dura prova le piccole attività italiane. Il sottotitolo è sempre lo stesso ossia “le piccole attività sono il motore di questo Paese” ma siamo sicuri che sia così?
Il tema di quest’anno
Gli articoli che girano quest’anno riguardano tutti il costo del POS che secondo moltissimi commentatori costerebbe 500 euro, dimenticandosi di servizi come SumUp e di offerte apposite create ad hoc da svariate banche.
Ricordiamo infatti che da quest’anno si sta cercando di incentivare l’utilizzo di pagamenti elettronici attraverso delle detrazioni e la lotteria degli scontrini.
Ma non solo
Al nuovo tema si sommano i temi degli anni passati come l’introduzione della fattura elettronica che, secondo molti, è un danno ma che nella realtà dei fatti è stato un aiuto per tantissime attività (che potranno evitare di avere centinaia di enormi faldoni) poiché moltissimi software ormai collegano la tenuta della contabilità con la fatturazione elettronica e con lo storico degli adempimenti fiscali.
La verità è più complicata
La verità è più complessa di così e per molti è difficile da capire.
Se un’attività entra in crisi per un nuovo adempimento o per 500 euro di costo extra allora c’è un enorme problema di fondo. Con tutta probabilità queste attività non dovrebbero proprio esistere.
I numeri del settore autonomo
È consuetudine leggere di quante partite IVA chiudano ogni anno ma poi ci si dimentica di dire quante nuove partite IVA vengono aperte.
Infatti l’Italia è uno dei Paesi sviluppati col maggior numero di autonomi pari al 22,9% del totale degli occupati nel 2018 secondo i dati OCSE.
Peggio di noi nell’Eurozona e nell’Unione Europea fa solo la Grecia con 33,5% di occupati autonomi.
La pressione fiscale sulle partite IVA
Un altro dato sempre molto citato riguarda il Total Tax Rate che per l’Italia pare essere attorno al 60% (59,1 secondo l’ultimo dato). Però qui casca l’asino. Il Total Tax Rate non è un buon indicatore ed è spesso oggetto di critiche perché si limita a sommare alcune percentuali e calcola anche i contributi previdenziali che le imprese versano per i dipendenti come imposizione fiscale.
Scorrendo la classifica è possibile notare che per alcuni Stati l’imposizione fiscale supererebbe il 100% (cosa ovviamente impossibile) e per alcuni Paesi famosi per essere “paradisi fiscali” è possibile notare valori superiori al 45%.
Le micro attività creano povertà
Le micro attività sono il motore dell’Italia?
I dati mostrano chiaramente che le micro attività sono il freno dell’Italia.
Come si può vedere dal grafico pubblicato dal Financial Times qualche tempo fa utilizzando una elaborazione fatta dall’OCSE è possibile notare che La produttività delle piccole imprese in Italia e in Spagna è incredibilmente bassa mentre quella delle imprese medie o medio grandi è la più alta, ciò significa che se avessimo meno microimprese potremmo avere un Paese con un livello di benessere molto superiore.
Bisogna anche aggiungere che moltissime micro attività non possono garantire determinati diritti ai propri lavoratori e sono quelle che più probabilmente chiuderanno e pertanto non possono garantire stabilità economica per chi lavora al loro interno.
I numeri del valore aggiunto italiano
La CGIA di Mestre ha rivelato che le microimprese, vale a dire le attività imprenditoriali da 0 a 9 addetti, in Italia sono oltre 4,1 milioni di unità (pari al 95 per cento del totale) e danno lavoro a quasi 7,6 milioni di cittadini (pari al 44,5 per cento del totale) tuttavi esse generano solo il 29% del valore aggiunto (220 miliardi di euro su un totale di 750 nel settore privato) e il 25 per cento del fatturato nazionale (746 miliardi su un totale di 2.950).
Mediamente una impresa italiana ha 3,8 dipendenti.