Intesa su Autostrade per l’Italia: i Benetton (saranno) fuori dai giochi
Dopo un consiglio dei ministri infinito, iniziato ieri alle 22:00 e terminato stamattina alle prime luci dell’alba, si è giunti ad un risultato: lo Stato gestirà l’uscita graduale dei Benetton da Autostrade per l’Italia. Cosa prevede l’accordo raggiunto dopo non poche frizioni all’interno della maggioranza?
Il core dell’accordo
L’opzione di fondo scelta non è la revoca della concessione (questo spiegherebbe il +22% registrato da Atlantia a Piazza Affari), che non era gradita a Italia Viva e ad alcuni ambienti del PD. Con l’accordo raggiunto con Atlantia, lo Stato gestirà l’uscita dei Benetton dal capitale sociale di Autostrade per l’Italia in modo graduale, in un processo articolato in due fasi:
- Scorporo di Aspi da Atlantia e ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale societario con una quota del 51%. La percentuale in mano ai Benetton sarebbe del 10%, troppo poco anche per entrare in consiglio di amministrazione
- Quotazione di Aspi in borsa. Con questa fase si rafforzerà la presenza dello Stato all’interno del capitale sociale e la parte residua rimasta ai Benetton sarebbe ulteriormente diluita tra altri investitori.
Aspi diventerebbe, secondo l’accordo raggiunto, un’impresa pubblica. Secondo le fonti governative,questo processo dovrebbe durare sei mesi o un anno. Intanto il governo ha dato mandato di negoziazione a Cassa depositi e prestiti per limare i dettagli dell’accordo con i manager di Atlantia e Aspi
Le altre richieste del governo
Dopo aver definito la modalità di uscita dei Benetton dal capitale sociale e lo scorporo rispetto ad Atlantia di Aspi, il governo ha messo sul tavolo nuove significative richieste. Come riportato dal Sole 24 Ore:
- Misure compensative a esclusivo carico di Aspi per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro
- Riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto legge “Milleproroghe” (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162)
- Rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario
- Aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario
- Rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Art, Autorità di regolazione dei trasporti e i ricorsi per contestare la legittimità dell’articolo 35 del decreto legge “Milleproroghe”
- Accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall’Art con una significativa moderazione della dinamica tariffaria
In sostanza, il governo chiede un’ulteriore diminuzione delle tariffe, ritenendo insufficiente l’offerta di Aspi di qualche giorno fa. Inoltre esige che la società accetti l’articolo 35 del decreto Milleproroghe che fa passare la clausola per la revoca della concessione da 23 a 7 miliardi. Infine lo Stato chiede la manleva per essere sollevato da qualsiasi richiesta di risarcimento derivante dal Ponte Morandi. Non viene inoltre accettata la richiesta di Atlantia di modificare le parole “gravi inadempienze” all’interno del Milleproroghe.
E’ l’alba quando giunge a Palazzo Chigi la quarta e ultima lettera da parte dei negoziatori della famiglia Benetton. Atlantia cede, tutte le richieste del governo vengono accettate.
Le conseguenze sul mercato azionario
Il titolo Atlantia già in pre-market aveva registrato un sonoro +18%, apparendo a tutti, rispetto alla depressione che ha colpito il titolo nei giorni scorsi, in grande spolvero. Con l’apertura di Piazza Affari, il titolo vola e il prezzo giunge a ridosso di quota 14 € (+22%).