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Skill mismatch: possiedi le competenze richieste dal mercato del lavoro?

Secondo lo studio del Boston Consulting Group “Fixing the Global Skill Mismatch” la discordanza tra competenze richieste dalle aziende e competenze in possesso dei lavoratori è comune, a livello globale, a 1,3 miliardi di persone nel mondo.

I numeri

Il Boston Consulting Group, stima che entro il 2022 circa il 27% dei lavoratori svolgeranno delle mansioni che oggi ancora non esistono, mentre altre mansioni ed altre competenze diventeranno “inutili”. Ancora, lo studio evidenzia come, se non si inverte la rotta, entro il 2030 lo skill mismatch riguarderà 1,4 miliardi di persone. Notizie poco incoraggianti arrivano dal nostro Paese.

Lo studio condotto dalla Bocconi e JP Morgan dimostra che l’Italia si attesta al terzo posto per disallineamento tra gli studi scelti dai giovani e le competenze richieste dal mercato del lavoro. 

Diversi tipi di discrepanze

Come messo in evidenza dal Cedefop (Centro Europeo per lo sviluppo della formazione professionale)

“E’ possibile riscontrare una discrepanza non solo in casi di carenza o di divario tra la domanda e l’offerta di competenze, ma anche in situazioni in cui le qualifiche, le conoscenze e le competenze di una persona risultino superiori ai requisiti necessari allo svolgimento del suo lavoro”.

Questa è la discrepanza verticale. Di contro troviamo poi la discrepanza orizzontale che si verifica quando ad essere inadeguato è il tipo di titolo di studio posseduto. Chi è in possesso di titoli di studio generici incontrerà maggiori difficoltà nel trovare lavoro, diversamente chi ha condotto degli studi altamente specifici.

Tipi di discrepanza tra domanda e offerta di competenze, Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale

La scelta dell’istruzione superiore

Dallo studio della Bocconi, emergerebbe che uno dei nodi principali del problema sia proprio quello della scelta dell’istruzione da parte dei giovani e delle famiglie. Riprendendo le parole della docente Pamela Giustinelli infatti:

“nella scelta dell’istruzione superiore, ci si concentrerebbe troppo sul gradimento e sulla facilità della stessa, quindi sugli aspetti del breve periodo, tralasciando invece, aspetti molto più importanti considerati di lungo periodo come le prospettive future di lavoro.”

Lauree “inutili”

Oltre ad essere il fanalino di coda in Europa per numero di laureati, il tasso dei disoccupati laureati negli ultimi 15 anni ha oscillato tra l’8% e il 13%. Tasso di disoccupazione molto vicino a quello dei diplomati. Questo perché i livelli formativi messi a disposizione dalle Università italiane non riesco ad essere assorbite o comunque non trovano richiesta nel mondo del lavoro. Il mercato del lavoro richiede continuamente competenze informatiche, economiche, ingegneristiche e manageriali. L’Italia dal canto suo, messa confronto con la Germania, laurea molti più giovani in discipline artistiche ed umanistiche.

Possibili cause

Tutti gli studi precedentemente citati convergono nell’individuare, tra le cause che scatenano questo disallineamento, la difficoltà di creare un percorso efficiente che accompagni il giovane studente nella scelta del futuro percorso di studi. La scelta varia sia in base alla condizione socio-economica della famiglia sia, chiaramente, in base alle materie che il singolo soggetto preferisce. Anche la situazione economica del Paese influisce in maniera importante sul fenomeno. Il progresso tecnologico rappresenta un’altra causa. Difatti, in un mondo in continuo cambiamento, le competenze tecnologiche acquisite nei giorni odierni potrebbero risultare già obsolete nel giro di pochi mesi. Pertanto si renderanno necessari continui aggiornamenti in termini di conoscenze e competenze da parte dei lavoratori. 

Fuga dei cervelli

Un’emorragia tutta italiana è quella conosciuta come la fuga dei cervelli. Molti giovani che hanno compiuto un percorso di studio brillante, non riescono a trovare un posto di lavoro che gli consenta di mettere in pratica quanto studiato sui libri. Gli stessi quindi, si troveranno costretti a scappare verso un Paese che sappia dargli il giusto valore

Lo skill mismatch e la produttività

Anche la fase della carriera lavorativa influisce sullo skill mismatch. Un giovane appena affacciatosi al mercato del lavoro è fisiologico che presenti delle mancanze in termini di competenze specifiche. D’altro canto anche un lavoratore a fine carriera potrà presentare un disallineamento tra competenze possedute e richieste soprattutto alla luce della continua innovazione in settori specifici. Inoltre, appare chiaro che sia una sovraqualificazione che una sottoqualificazione del lavoratore si traduca in una riduzione della soddisfazione lavorativa. In questi casi, dunque, lo skill mismatch funge da freno per la competitività e la produttività delle imprese.

Qualche soluzione

In primo luogo, un ruolo fondamentale nel cercare di risolvere o quanto meno arginare questo problema è ricoperto dalla scuola. Essa dovrebbe essere più efficiente nell’individuare dei percorsi mirati ad indirizzare gli studenti verso scelte orientate sul lungo periodo. Anche una maggiore interazione e collaborazione tra scuola/università e mondo del lavoro in modo da far convergere ancor meglio le skills possedute dallo studente con quelle richieste dalle imprese. Non sempre studiare “ciò che piace” è la via giusta. Si rende oramai sempre più necessario uno sguardo di insieme verso il mondo del lavoro che è in continua evoluzione. L‘istruzione è un vero e proprio investimento per il futuro e tutte le scelte prese in questo ambito dovranno essere ben ponderate. Soprattutto alla luce della crisi economica che porterà questa pandemia.