Myanmar: ancora manifestazioni mentre l’esercito risponde con un black out
Dall’1 febbraio le molteplici manifestazioni in Myanmar contro l’incarcerazione di Aung San Suu Kyi e la deposizione di Wim Myint continuano a fare da cassa di risonanza in tutto il mondo, mettendo in mostra condizioni di abuso di potere che, in un contesto in cui la presa di posizione attraverso l’uso della forza non è un caso una tantum e l’ambiente socio-economico è tutt’altro che florido, raramente risulta concepibile da chi vive dall’altra parte del globo.
Myanmar: tutto ancora da vedere
Il Myanmar, con un’estensione territoriale che risulta essere quasi il doppio rispetto all’Italia e situato a nord-est dalla Thailandia, ha già ricevuto un sostegno diretto dal Consiglio delle Nazioni Unite, che punta il dito alla Cina, la quale risponde con risentimento date le indiscrezioni che legano il golpe militare con le politiche estere perpetrate da quest’ultima. L’instaurazione di una dittatura militare ha ulteriormente fomentato il malcontento generale proibendo l’utilizzo di Facebook, WhatsApp e Twitter, giustificando l’azione come “contrasto” alla diffusione di video e testimonianze che, secondo le autorità golpiste, metterebbero in cattiva luce le azioni susseguitesi alla deposizione del presidente eletto due anni fa.
Myanmar: uno sguardo al passato rinfresca la memoria
Ma la Birmania ha sempre sofferto di influenze autoritarie, non riuscendo mai a presentarsi come una nazione in cui i diritti dei cittadini venissero riconosciuti come tali, dato di fatto che deve tenere in considerazione che non si tratta del primo golpe di stato. Dopo l’indipendenza raggiunta dalla Gran Bretagna nel 1948 e quasi cent’anni di dominazione coloniale – fenomeno che dal punto di vista economico ha in parte contribuito a realizzare delle solide basi infrastrutturali e commerciali – il Myanmar si ritrova protagonista di un altro colpo di stato nel lontano 1962 e il più recente del 1989.
Solo a partire dagli anni ’90 e più nello specifico nel primo decenno del ventunesimo secolo – dopo altri quarant’anni di alternanza tra governi democratici e di stampo autoritaristico – furono realizzate importanti svolte riformiste decisamente più moderate, riuscendo nel tardo 2015 ad ottenere lo svolgimento di elezioni parlamentari senza alcun tipo d’impasse , grazie soprattutto agli sforzi del partito d’opposizione guidato dalla stessa Suu Kyu, la Lega Nazionale Per La Democrazia.
Com’è noto, le elezioni del 2020 hanno riconfermato i precedenti risultati e la voce del popolo ha espresso la volontà di una direzione più liberale e democratica. Grido che in questi giorni ha assunto una valenza ancor più significativa, pronunciato con più forte veemenza nei confronti dei corpi militari e in soccorso alla leader, incarcerata già da tre giorni con l’accusa di “detenzione illegale di ricetrasmittenti”. Migliaia i manifestanti, ferventi ma intenzionati a lanciare un chiaro messaggio nei modi più pacifici, da giorni occupano le piazze della capitale e delle maggiori città, tra cui Yagon.
Gli ultimi avvenimenti e il black out di Internet
Sabato mattina le linee internet hanno subìto un crollo del 54%; mentre tra la notte del 6 e 7 febbraio, sempre secondo NetBlocks, un’organizzazione non governativa che si occupa di sicurezza informatica e di regole di governance relative a Internet, l’assenza di connettività è calata in poche ore del 16% rispetto ai livelli normali. Nonostante ciò, non manca la presenza dei manifestanti che, tra studenti e lavoratori, continuano a controbattere usando i pochi mezzi di cui possono disporre: pentole, mestoli e forza d’animo.
Guardando all’estero, lo stesso Biden ha accusato l’autoproclamato capo di governo e delle forze armate, Min Aung Hlaing, di aver commesso un grave crimine contro il processo di transizione democratico che sta affrontando il Myanmar, interrotto per via di accuse insolite e sospette. Oltreoceano e nel più vicino Pacifico, non si sono fatte attendere le sollecitazioni di diversi stati, auspicando in un preventivo intervento per porre fine agli arresti degli oppositori politici di Hlaing e alla liberazione dei leader di maggioranza. Intanto, dalla BBC giunge notizia del primo arresto di un cittadino australiano e vicino alla leader Aung San Suu Kyi; si tratta di Sean Turnell, direttore del Myanmar Development Institute e consigliere economico della stessa Suu Kyi. Turnell, durante gli spiacevoli eventi di questa settimana, aveva contestato le misure forzose dell’esercito descrivendo il colpo di stato come << straziante e un disastro per l’economia >> .