Earth Day: salvare l’ambiente per salvare l’economia
L’Earth Day nasce ad opera dell’attivista John McConnell, che nell’ottobre del 1969, durante una conferenza dell’UNESCO, propese una giornata per celebrare la bellezza della Terra e promuovere la pace. Oltre a celebrare la vita sulla Terra, per McConnell l’istituzione di questa giornata sarebbe servita a ricordare all’umanità intera la necessità di salvaguardare e mantenere gli equilibri ecologici, dai quali dipende la nostra vita sul pianeta.
Earth Day in Italia
Con il passare degli anni e con il continuo aggravamento dello sfruttamento delle risorse naturali con conseguenti ricadute negli equilibri dell’ecosistema, tale giornata ha visto accrescere la sua rilevanza a livello mondiale. Nel nostro Paese, l’Heart Day Italia è considerato uno dei migliori comitati organizzativi. Infatti nel 2015 l’organizzazione italiana è divenuta sede europea del network internazionale.
Il valore economico del capitale naturale
Il benessere e la prosperità economica dipendono anche dallo “stato di salute” dell’ambiente che ci circonda e degli ecosistemi. L’acqua naturale, le foreste multifunzionali, il suolo fertile, l’impollinazione, la regolazione del clima e la protezione dalle catastrofi naturali possono essere definiti come “capitale naturale”. Come ribadito dal Report 2020 dell’Ispra, tale capitale può essere considerato come parte rilevante della ricchezza nazionale.
Questo capitale molto spesso viene dimenticato o meglio ancora dato per scontato nei processi di produzione, in quanto le politiche nazionali tendono a dare rilevanza ai valori prettamente numerici dei beni e dei servizi, in quanto la quantificazione numeraria del capitale naturale è di difficile determinazione. Cercando invece, di attribuire un valore monetario a tale capitale, si prende maggior consapevolezza dei costi derivanti dalla sua eventuale perdita. Secondo l’Ispira, il valore del capitale naturale italiano nel 2019 è pari a 240 miliardi di euro.
Earth Day: inquinare costa, non solo in termini di vite
Stando al Report stilato Europian Environment Agency nel 2018 l’inquinamento atmosferico ha provocato solo in Europa più di 400mila decessi. Decessi dovuti prevalentemente alle polveri sottili, al biossido di azoto e all’ozono traposferico.
Appare chiaro come tutte le malattie dall’inquinamento derivanti, comportino una minore qualità della vita, una minore produttività lavorativa a causa delle assenze per malattia e conseguentemente una maggiore spesa sanitaria. Tra le patologie derivanti dall’inquinamento atmosferico troviamo le malattie cardiovascolari, respiratorie ed una maggiore propensione all’insorgenza di tumori.
La quantificazione economica dell’inquinamento
Uno studio pubblicato dall’European Public Health Alliance, dimostra come chiaramente, le città siano le più colpite dall’inquinamento. La città che registra il danno maggiore nel 2018 è Londra, con un costo sociale stimato attorno agli 11 milioni di euro. In Italia, la maglia nera è attribuita a Milano, con un costo sociale pari a più di 3 milioni di euro.
Lo studio, inoltre, spiega come nel 2018 ogni abitante di una città europea abbia subito una perdita di benessere di oltre 1.250 euro all’anno a causa di perdite di salute dirette e indirette associate alla cattiva qualità dell’aria. Ciò equivale circa al 3,9% del reddito guadagnato nelle città.
Earth day e la responsabilità delle imprese
Uno studio condotto su un campione di 280mila imprese dall’Istat mostra come nel 2018, 712 mila imprese (68,9% delle imprese) dichiarano di essere impegnate in azioni volte a migliorare il benessere lavorativo del proprio personale; 688 mila (66,6%) svolgono azioni per ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività; 670 mila (64,8%) si sono attivate per migliorare il livello di sicurezza all’interno della propria impresa o nel territorio in cui operano.
Lo stesso studio mostra però, una scarso utilizzo di importanti documenti quali i bilanci ambientali. Difatti, la valutazione e la comunicazione delle prestazioni ambientali sono un importante momento di verifica e di consolidamento della reputazione aziendale, anche ai fini di una programmazione strategica più attenta agli effettivi rischi e impatti ambientali.
Gli strumenti di certificazione ambientale possono essere utili sia per il coordinamento delle politiche industriali con quelle ambientali sia per orientare i consumatori nelle loro scelte di acquisto
Le grandi imprese quelle più virtuose
Nel triennio 2016-2018 il 12,4% delle imprese ha acquisito certificazioni ambientali volontarie di prodotto o di processo. Si tratta di una pratica nettamente più diffusa nelle grandi imprese (57%), in taluni casi soggette a obblighi normativi, e in quelle di medie dimensioni (39,1%), che non nelle piccole (19,0%) o nelle microimprese (9,7%).
Le imprese che dichiarano di aver redatto bilanci o rendicontazioni ambientali e di sostenibilità sono meno del 4%. Tale quota raggiunge il 30,8% tra le grandi imprese. La valutazione delle iniziative di sostenibilità ambientale viene invece praticata dal 13,0% delle imprese (quasi 50% nelle grandi).
Il ruolo dei governi
I governi hanno un’importanza fondamentale nel creare piani e percorsi economici attenti alla sostenibilità ambientale. Attenzione che negli anni è sempre più accresciuta, e che ora, attraverso l’istituzione di un Ministero ad hoc, sembrerebbe trovare maggior spazio nelle agende politiche. Il Ministero per la Transizione Ecologica (MiTE) avrà il compito ambizioso di rilanciare l’economia nella salvaguardia del clima.