Il Covid 19 ha messo a dura prova tutta popolazione mondiale non solo a causa dei vari lockdown ma anche in termini organizzativi e prevenzionistici. La sanità pubblica e privata, ad esempio, non ha avuto il tempo necessario per strutturare un piano di azione efficace per far fronte alle richieste. Ad esempio, ricordiamo le terapie intensive intasate, la carenza di personale medico e le difficoltà di distribuzione dei primi vaccini. Proprio per far fronte a queste criticità, è nato il PNRR ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Partiamo da un concetto base molto importante. Quando ci troviamo di fronte ad un evento che può scombussolare gli equilibri di un Paese, ciò che viene intaccata in primis è l’economia. Infatti gli effetti della pandemia si sono riscontrati anche e soprattutto in questo settore. In Italia abbiamo avuto una riduzione del PIL dell’8,9%, mentre nell’Unione Europea del 6,2%. Molte risorse sono state dirette a sostegno dell’economia delle imprese e dei lavoratori, portando un indebitamento netto pari a 170 miliardi di euro. Ricordiamo che l’Italia è stato il primo paese a disporre, nel febbraio del 2020, la chiusura dei locali e ad imporre il lockdown generalizzato nazionale.
Alla crisi pandemica l’Unione Europea risponde con il Next Generation EU (NGUE), un programma di investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale. Il NGUE serve anche a migliorare la formazione delle lavoratrici e lavoratori così che si possa conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale. Per l’Italia il NGUE rappresenta un’occasione di crescita e sviluppo infatti grazie a questi nuovi investimenti sarebbe possibile modernizzare la pubblica amministrazione diminuendo le disuguaglianze. Dato che l’Italia è stata una delle prime nazioni ad essere colpita dalla pandemia, è la prima a beneficiare dei due principali strumenti dell’NGUE ossia:
Il RRF richiede agli Stati membri di presentare un piano di investimenti e riforme, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Questo piano si articola in 6 missioni e 16 componenti.
Le 6 Missioni sono:
La governance del PNRR affida al Ministero dell’Economia il ruolo di coordinamento centrale ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Europea.
In questi ultimi due anni sono emersi gli aspetti più critici di natura strutturale del settore sanitario. Quali possono essere? Per citarne qualcuno:
Inoltre, la pandemia ha messo in luce l’esigenza di sfruttare le tecnologie più avanzate. Il superamento di questi disagi sono alla base del PNRR, che riserva circa 25 miliardi di euro allo scopo di allineare i servizi sanitari ai bisogni di cura dei pazienti in ogni area del Paese.
Nello specifico, la Missione 6 (M6) è dedicata alla salute e si articolo in due componenti (C1 e C2):
La perplessità maggiore era sulla realizzazione delle Case della Comunità. Queste ultime hanno come obiettivo la creazione di un punto di riferimento per i cittadini. In questo modo si darebbe loro la possibiltà di accedere gratuitamente alle prestazioni erogate del SSN, riducendo le lunghe degenze. Sono strutture polivalenti con equipe di medici di medicina generale (MMG), pediatri, medici specialisti, infermieri e altri professionisti della salute.
Avranno un punto unico di accesso, accoglienza, informazione e orientamento del cittadino, che operano in stretto contatto con le Centrali operative territoriali (COT). È prevista la presenza di varie aree come quella prelievi e vaccinazioni, quella per le cure primarie e continuità assistenziale etc. Ma perchè sembra così difficile attuarlo? Beh, il piano previsto per le Case della Comunità metterebbe in discussione tutta la sanità nazionale rendendo il MMG la figura manageriale. Altra problematica non indifferente è la mancanza di fondi per il personale medico ed infermieristico.
Purtroppo i fondi del PNRR non sono previsti per il personale. Per questo motivo c’è il serio rischio che le Case della Comunità restino vuote. In più, lascia molta perplessità la mancata capacità di recepire nuove tecnologie digitali. L’indice DESI pone l’Italia al 26esimo posto a livello internazionale per la digitalizzazione. E’ dunque possibile affermare che l’Italia è un paese con un lento e difficile approccio alle novità tecnologiche a causa delle attuali frammentarie reti informatiche tra regioni e a causa dell’elevata età media dei medici. È necessario aumentare la digitalizzazione per migliorare la sanità e per continuare a curare tutta la popolazione.
Grazie al PNRR si prevede nel 2026 una crescita del PIL di 3,6 punti percentuali in più rispetto all’andamento tendenziale. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e giovanile. Prendendo nota degli errori e delle carenze che la pandemia ha evidenziato, la sanità italiana ha modo di correggersi e riorganizzarsi dall’interno grazie al PNRR. Per garantire una cura e un trattamento adeguato a tutti è necessario aumentare la digitalizzazione.
In che modo? Lavorando non solo sullo sviluppo tecnologico, ma anche sull’interoperabilità tra regioni, sugli standard, sul sistema di misurazione, capacità e performance. L’Italia, ad oggi, ha bisogno di un cambiamento sanitario per progredire, migliorare e stare al passo con gli altri Paesi Europei. Per questo si auspica una collaborazione e comunicazione tra istituzioni regionali, provinciali e comunali.
A cura di Manuela Lorenzetti