Gli Accordi di Basilea
Basilea, a nord-ovest della Svizzera, è una delle città più multiculturali del pianeta. Ufficialmente nella Svizzera tedesca, si divide in due cantoni: Basel-Land e Basel-Stadt. Sembra quasi un divisore fra il mondo della finanza e i comuni mortali.
Difatti è proprio qui, al confine con Francia e Germania ma situata in un territorio extra-UE, che si trova uno degli istituti più influenti del mondo: La Banca per i Regolamenti Internazionali (o BIS, Bank for International Settlements).
Perché il comitato di Basilea?
All’interno dell’Unione Europea e in un contesto globalizzato, il comitato di Basilea si prefigge l’obiettivo di dare sicurezza ai risparmiatori. Inizialmente ne facevano parte solo i presidenti delle banche centrali dei Paesi del G10. In seguito, con l’importanza acquisita, si allargò fino a comprendere i presidenti delle BC dei 27 Stati più industrializzati al mondo. Oggi il Comitato di Basilea, fra presidenti di BC e supervisori bancari, comprende 45 membri provenienti da 28 Paesi (che non sono quelli UE, ma i 28 più industrializzati).
Nasce nel 1974 per rispondere all’episodio triste e curioso del fallimento della banca tedesca Bankhaus Hertstatt. La chiusura dell’istituto ha portato alla luce un problema di regolamentazione non indifferente e stando ad alcuni, questo fu il peggior fallimento di una banca tedesca dal 1931 quando a chiudere i battenti fu la Creditanstalt.
Non a caso quindi da un problema di Settlement il Comitato di Basilea ha luogo nella Bank for International Settlements.
Verso Basilea 1
Il potenziale di questo comitato non era intuibile a nessuno, se non fino a quando prende vita un insieme di regolamenti nel 1988 per l’uniformazione bancaria. Lo scopo è quello di rendere più “solide” le banche. Questi regolamenti non hanno forza di legge ma sono tenuti molto in considerazione, tanto che poi vengono implementati dalle leggi nazionali nell’ordinamento di ogni stato. Quale modo risulta quindi il più facile fra tutti per indicare la solidità di una banca, se non con una formula?
Dove al numeratore PV è il Patrimonio di Vigilanza e al denominatore abbiamo la somma della attività della banca moltiplicate per il coefficiente di rischio relativo all’attività stessa.
Il coefficiente in dettaglio
Entrando più nel dettaglio, all’interno del Patrimonio di Vigilanza rientrano due tipi differenti di patrimoni: il Tier 1 (capitale versato e riserve chiare tonde e pulite) e il Tier 2 (riserve occulte relative a plusvalenze ancora da verificarsi come il rimborso di obbligazioni e riserve di valutazione. Rientrano anche gli strumenti ibridi come azioni revocabili oltre i 10 anni). Al denominatore Pi rappresenta la percentuale di rischio, divisa in 4 percentuali:
- 0% per Cassa, crediti verso Banche Centrali facente parte dell’OCSE, e strumenti di debito di paesi sovrani OCSE;
- 20% per crediti verso Banche in generale OCSE ed enti pubblici;
- 50% per i mutui con garanzie reali;
- 100% Crediti e partecipazioni verso imprese private e banche non facenti parte dell’OCSE.
Quindi se sono una banca e ho ad esempio € 200 di patrimonio di vigilanza e € 1000 in cassa, € 1000 in credito alla Banca d’Italia, € 1000 dati come mutuo e ho una partecipazione di € 1000 nella Apple il mio coefficiente sarà 1000/(1000*0 + 1000*0,2 + 1000*0,5 + 1000*1) = 200/1700 = 0,1176 = 12% di coefficiente, che è maggiore dell’8% richiesto per essere solidi.
I problemi: verso Basilea 2
I problemi sono però chiari: questo tipo di coefficiente copre solo il rischio di credito. Le probabilità tengono conto della sola appartenenza all’area OCSE e alla natura dello strumento. Insomma, Basilea 1 era insufficiente. Così nel 2004 si firma il nuovo accordo che con nuovi calcoli inserisce nuovi rischi.
Il coefficiente patrimoniale prevede sempre che il patrimonio di vigilanza sia maggiore dell’8% ma stavolta al denominatore le attività vengono trattate in maniera più complessa. Innanzitutto non si fa più riferimento al fatto di fare parte nell’area OCSE o meno ma si tiene conto del rating del Paese. Per le aziende poi, e in maniera analoga per gli Stati, vengono introdotti i rating e a seconda di dove rientrano, dal meno rischioso al più rischioso, abbiamo il 20% il 50% il 100% e il 150%. Inoltre nel calcolo viene introdotto il rischio operativo, cioè il rischio interno alla banca stessa, quindi tutte quelle problematiche relative ai “manager cattivi”, problemi derivanti da processi interni o infrazioni. Più che altro questo rischio operativo inserisce una serie di regolamenti che la banca deve avere (audit interni, etc.).
Nuovi problemi: nasce Basilea 3
Il nuovo coefficiente tiene conto di molte cose ed è difficile da calcolare. Eppure non è bastato ad evitare la Crisi del 2007 e il cosiddetto Credit Crunch.
Le banche si sono trovate con una leva finanziaria altissima vedendo gli asset che erano categorizzati come privi di rischio a valere nulla da un momento all’altro. Le banche non avevano categorizzato in maniera corretta le cartolarizzazioni e gli strumenti ibridi. Il nuovo insieme di regolamenti di Basilea 3, in vigore dal 1 gennaio 2014, ha portato nuovi coefficienti patrimoniali così da evitare il rischio di insolvenza da parte degli istituti finanziari.
I criteri
- Il patrimonio di tipo Tier 1 deve essere almeno il 3% del totale dell’Attivo della banca;
- Introduzione dei modelli stressed VaR diversi dai precedenti VaR tradizionali, in modo da vedere se la banca riesca a mantenere liquidità anche in periodi di difficoltà;
- Per evitare che quell’8% di Patrimonio di Vigilanza fosse composto da solamente capitale Tier 2, si introduce un minimo del 4,5 % (che era del 2% fino al 2015) di capitale Tier 1.
- Il capitale Tier 1 deve inoltre essere il 2,5 % dell’esposizione totale di rischio della banca sul mercato.
- L’introduzione del Core Equity Tier 1, ossia il CET 1, una riserva di capitale che deve essere finanziata in periodi di congiuntura economica positiva. Il minimo è fissato al 4,5% entro il 2019 ma la soglia di sicurezza è comunemente l’8 %. Per l’Italia 10,5%.
- Viene anche introdotto un Capital Conservation Buffer, cioè una sorta di “cuscinetto di protezione del patrimonio” che le banche dovranno accumulare in modo da potervi attingere in periodi di prolungata crisi economica così da ammortizzare le perdite e ristabilire il Coefficiente di Solvibilità in caso di calo al di sotto dell’8%. Il cuscinetto dovrà essere pari al 2,5% dei fondi prestati e investiti ponderati per il rischio e dovrà essere composto esclusivamente da capitale Core Tier. Sommando i due requisiti, il Tier 1 totale richiesto alle banche passerà dall’attuale 4,5% al 7%.
Verso Basilea 4
Dal 2021 entrerà in vigore il nuovissimo regolamento di Basilea 4, che si pone come obbiettivi più trasparenza, compatibilità, consistenza degli indici e un rafforzamento della Risk Sensitivity nei calcoli. Sarà la volta buona per scongiurare crisi sistemiche e Credit Crunch?