Sembra un déjà-vu: ritorniamo a parlare di Poste Italiane. Il 2018 è stato un anno piuttosto turbolento per le Poste. Il fondo Obelisco e il fondo Europa Immobiliare 1, hanno resto la società un tema caldo ma, non di certo, in senso positivo. Anche il 2019, sembra, si apra non proprio nel migliore dei modi: parliamo dei buoni fruttiferi postali.
I buoni fruttiferi postali sono prodotti finanziari di investimento. Tecnicamente, parliamo di due categorie di buoni: cartacei o dematerializzati. La distinzione tra le due tipologie risiede nella possibilità di sottoscrivere i buoni dematerializzati solo sulla base di un rapporto di deposito preesistente, come un libretto postale di risparmio. Una particolarità dei buoni è, sicuramente, la semplicità con cui possono essere sottoscritti: è possibile anche on-line o dall’App delle Poste. Inoltre il taglio minimo è piuttosto basso: 50 euro o multipli. Vantano un regime di tassazione agevolata degli interessi al 12.5%. In realtà, i buoni emessi prima del 1986 non sono soggetti a ritenuta fiscale mentre quelli emessi tra’86 e ’87 sono tassati al 6.25%.
Visitando il sito di Poste Italiane, è possibile trovare una buona quantità di prodotti finanziari di investimento. Esistono infatti i buoni fruttiferi:
Alcuni casi riguardanti Poste Italiane, lasciano pensare che ottenere il rimborso dei buoni fruttiferi postali sia piuttosto complicato. O meglio, non complicato, ma con tempistiche più lunghe di quanto si immagini. Su varie testate, possiamo trovare molte vicende che lasciano il lettore sorpreso e l’investitore irritato. Vediamo, di seguito, alcuni di questi casi.
Il primo caso riguarda una signora che pare abbia ritrovato dei buoni della zia defunta. In dettaglio, due buoni per un totale di un milione di lire. Questi vennero acquistati nel 2001 ma alla signora vennero venduti dei buoni emessi nel ’96, che presentavano rendimenti maggiori. La controversia con Poste Italiane nasce nel momento della liquidazione: la società, infatti, rimborsò gli interessi secondo i nuovi tassi, più bassi. La signora, rivolgendosi all’ABF ( Arbitro Bancario e Finanziario) ha ottenuto il rimborso secondo i tassi correlati all’anno di emissione dei buoni. Perché nasce la controversia? L’ABF ha sostenuto la signora, semplicemente perché Poste Italiane non aveva comunicato il cambiamento dei tassi. Sui buoni, infatti, non vi era alcun timbro ( che obbligatoriamente deve essere apposto al cambiamento dei tassi). Questo ha determinato la condanna di Poste, per non aver espressamente comunicato il cambio dei rendimenti.
Su casi molto simili è intervenuta la Cassazione. Essa si è pronunciata a favore degli investitori perché: “il rapporto tra il titolare del titolo e Poste Italiane si fonda sul tenore letterale del titolo“. Ergo, senza apposizione del timbro con cui si comunicano nuovi tassi, va rimborsato quanto scritto sul buono fruttifero. Il cambiamento dei tassi avvenne già nel 1986 con un decreto che dimezzò i tassi di interesse sui buoni fruttiferi. Ovviamente, secondo la Cassazione, i nuovi tassi si applicheranno esclusivamente ai buoni emessi dopo il Decreto ma la comunicazione deve essere esplicita.
Un altro caso particolare è quello di un’anziana signora sarda. L’Unione Sarda ha dato, infatti, notizia di una signora che ha ritrovato alcuni buoni degli anni ’50. Questi erano stati acquistati dal marito, ad insaputa della signora. Si parla di 4 titoli per un totale di 25mila lire. I tassi di interesse all’epoca si aggiravano intorno al 15% e raggiungevano anche picchi del 20%. Insomma, con i dovuti calcoli, la signora avrebbe potuto ottenere 300mila euro. Cosa succede? Per Poste Italiane, il rimborso era escluso in virtù della prescrizione decennale dei buoni fruttiferi. Ancora una volta, la Cassazione si è pronunciata a favore della signora adducendo che non potesse sapere di essere titolare di un certo diritto, non sapendo dell’acquisto dei buoni fatto dal marito ormai defunto. La prescrizione decennale, dunque, non decorre dalla scadenza ( come vuole Poste Italiane) ma dalla data di ritrovamento.
Ancora un caso particolare è quello di una vittima di una truffa. La scorsa estate, infatti, alcuni truffatori si presentarono negli uffici di Poste Italiane per ottenere il rimborso di alcuni buoni fruttiferi, il cui titolare era, però, un altro soggetto. Mostrando documenti falsi, i truffatori sono riusciti nell’opera. Il Tribunale di Parma si occupò della vicenda e accolse il rifiuto di rimborso proposto dalla società. Fu la Corte d’Appello di Bologna, a ribaltare l’esito della vicenda. Perché? Il giorno della truffa, non fu possibile bloccare i buoni perché la vittima non era in possesso di alcuni codici atti a questa operazione. Per bloccare i buoni, però, si sarebbe potuta effettuare una ricerca globale nel sistema informatico interno di Poste ma sarebbe avvenuta solo a fine giornata. In Appello, perciò, Poste Italiane fu condannata al rimborso di 40mila euro perché la vittima della truffa ” non poteva sapere che fossero necessari i codici identificativi per il blocco, a causa di un’inefficienza nel sistema informati di Poste“.