Sembra un’Odissea rivisitata quella che i risparmiatori che hanno acquistato buoni fruttiferi postali stanno affrontando. Quando sembra che la “fine” della questione sia giunta, ecco che ricomincia. Vediamo perché.
Come abbiamo già visto in numerosi articoli, gli ultimi mesi per Poste Italiane, probabilmente, sono stati da incubo. Sicuramente restano impresse le vicende sui fondi Obelisco ed Europa Immobiliare 1. Più recente, invece, è la questione relativa ai buoni fruttiferi postali (Bfp). Ciò che è stato ed è, ancora, al centro di questa lunga vicenda è il rimborso dei buoni fruttiferi. Già avevamo parlato di particolari episodi ma quello che, oggi, più interessa per i nuovi sviluppi della faccenda, è il cambiamento del tasso di rendimento dei buoni fruttiferi.
La discussione sui rimborsi dei buoni fruttiferi nasce da alcuni casi particolari di risparmiatori che, al momento del rimborso, hanno constatato che i tassi di rendimento fossero stati dimezzati. Perché? Poste Italiane, per rispondere, ha preso in causa un decreto ministeriale del 16/6/1984. Con tale decreto si annunciava la modifica ai saggi di interesse dei buoni fruttiferi oltre che dei libretti postali. Quello che nelle vicende precedenti è stato rilevante, è che non fosse stato comunicato direttamente ai risparmiatori il cambiamento del tasso di rendimento. Un caso particolare è quello dei ricorso proposto dalla Federconsumatori di Cosenza: in questo caso, l’ABF ha condannato Poste Italiane al risarcimento totale degli interessi per la mancata apposizione del timbro (previsto dal decreto) con cui si comunicavano alcuni “dettagli” di quei buoni, visto che ” il rapporto tra titolare del diritto e Poste si fonda sul tenore letterale del titolo”.
Ciò che c’è di nuovo nella vicenda è una sentenza della Cassazione che cambia totalmente le regole del gioco. Con un provvedimento dell’11 febbraio 2019, la Cassazione a sezioni unite ha ribaltato quanto detto in una precedente sentenza del 2007. In quest’ultima, il buono fruttifero postale è considerato come un contratto. Dunque non poteva subire cambiamenti nel mentre. Ad inizio anno, però, la Cassazione ribaltando tale sentenza, ha permesso che tutto potesse essere cambiato in corso d’opera. Tale vicenda riguarda i buoni fruttiferi acquistati prima del 1999.
Tutta la questione nasce dal fatto che la normativa sui buoni fruttiferi postali ha subito alcuni cambiamenti nel tempo. La prima forma di regolamentazione che potevamo trovare era il Codice Postale, un decreto del Presidente della Repubblica risalente al 1973. In particolare per gli interessi era stato redatto uno specifico articolo: il 173.
Come possiamo leggere nel primo comma, le variazioni del tasso sono comunicate sulla Gazzetta Ufficiale e possono essere applicate anche a serie di buoni precedentemente emesse. Quindi, in poche parole, sta al risparmiatore informarsi su eventuali variazioni. Il Codice Postale, però, venne abrogato nel 1999 dal decreto legislativo n.284. E cosa dice tale decreto? Conferma che i rapporti come libretti e buoni postali sono regolati da leggi anteriori, ossia il Codice Postale.
Tutto questo, come già detto, si riferisce ai buoni fruttiferi postali acquistati prima del 1999. Quindi, chiunque sia titolare di buoni acquistati prima di tale data, dovrebbe porre più attenzioni a variazioni del tasso di interesse perché, qualora cambiasse, non potrebbe ricorrere contro Poste Italiane. La possibilità che si ha è, ovviamente, quella di recedere dal contratto e incassare la somma spettante.
In un precedente articolo sui buoni fruttiferi postali, avevamo detto che per la Cassazione il rapporto tra il titolare del buono e Poste, si fondasse sulla letterarietà del titolo. Bene, in questo caso invece la Cassazione ha comunicato che i buoni fruttiferi oggetto di tale caso specifico non fossero titoli di credito ma di legittimazione. Cosa vuol dire? Un titolo di legittimazione non dispone della caratteristica della letterarietà. Questo sarebbe il motivo alla base della nuova sentenza che, inevitabilmente, permette a Poste Italiane di non risultare “in torto” per la variazione dei tassi.
I precedenti ricorsi, come quelli descritti nell’articolo precedente sui buoni, erano stati vinti dai risparmiatori perché quelle particolari serie di buoni prevedevano l’applicazione di un bollo che fungesse da comunicazione del cambiamento dei tassi. Qui, questo non può essere applicato. Perché? oltre a essere definiti titoli di legittimazione, sono buoni a termine (non 30ennali). Poste Italiane, inoltre, ha voluto comunicare che per queste serie di buoni (emissione del 1986) i tassi erano particolarmente alti ma per errori di sportello.