Fondi europei. Perché l’Italia non ne fa buon uso? I risultati
L’Agenzia per la coesione del territorio dà i primi risultati sull’utilizzo dei fondi europei. Tutti i Programmi Operativi cofinanziati con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e con il Fondo Sociale Europeo (FSE) che hanno presentato entro il 31 dicembre 2020 la certificazione della spesa sostenuta, hanno superato i target di spesa previsti. La spesa presentata a certificazione alla Commissione europea è pari a 21,3 miliardi di euro e raggiunge il 42,1% del totale delle risorse programmate pari a 50,5 miliardi di euro.
Cosa sono e quali sono i fondi europei
Uno degli obiettivi primari dell’Unione Europea è quello di incentivare la creazione di posti di lavoro e di migliorare costantemente gli stessi. Questo per creare presupposti per una politica sociale inclusiva cercando di ridurre il gap tra le regioni più avanzate e quelle meno avanzate. Per raggiungere tali obiettivi l’U.E si avvale dei Fondi SIE ossia di fondi strutturali e di investimento.
I fondi europei possono essere classificati in due categorie iniziali:
- i fondi a gestione indiretta definiti così in quanto il benefico finale non è diretto bensì mediato dalle autorità nazionali, regionali o locali. Tali enti dovranno gestire le risorse attraverso la programmazione degli interventi e l’emanazione dei bandi. Si possono distinguere 5 tipologie di fondi a gestione indiretta:
- FESR, Fondo europeo di sviluppo regionale, che si occupa delle PMI;
- FSE, Fondo sociale europeo, si occupa del sostegno all’occupazione;
- FC, Fondo di coesione, che si occupa di trasporti e sostenibilità nei paesi meno ricchi;
- FEASR, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale;
- FEAMP, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
- fondi a gestione diretta che sono erogati dalle direzioni generali della Commissione Europea. L’obiettivo è quello di supportare la definizione e l’implementazione di politiche nei settori strategici quali: ricerca e innovazione tecnologica, ambiente, imprenditorialità.
L’Accordo di Partenariato
Per il ciclo di programmazione 2014/2020, la strutturazione dei sistemi di gestione e controllo inizia con l’Accordo di Partenariato. L’Accordo di Partenariato, predisposto da ogni Stato membro ed approvato dalla Commissione, definisce la strategia e le priorità di tale Stato membro nonché le modalità di impiego efficace ed efficiente dei fondi SIE.
Il documento, inoltre, mostra quali saranno i programmi messi in atto e gestiti a livello statale e quali invece quelli gestiti a livello regionale. I programmi gestiti a livello nazionale si chiamano Programmi Operativi Nazionali (PON) e sono finanziati al 100% dall’Unione Europea e dallo Stato. I programmi gestiti a livello regionale sono Programmi Operativi Regionali (POR) e sono cofinanziati al 70 per cento dall’Unione Europea e dallo Stato e al 30 per cento dalle regioni.
La relazione della Corte dei Conti
Nella sua relazione annuale, la Corte dei Conti pone l’attenzione sulla lentezza e sulla scarsa capacità di impiego delle risorse europee da parte del nostro Paese. Difatti, specifica come “a prescindere dalle considerazioni che possono effettuarsi in merito ai rallentamenti dovuti alla pandemia, il dato percentuale, soprattutto per quanto riguarda gli impegni, è piuttosto deludente, dato che al 31 ottobre 2020 sono stati presi impegni pari al 68,32% rispetto al programmato e sono stati erogati pagamenti per una percentuale del 38,36% .”
“Inoltre, si rileva che, confermando, purtroppo, un trend ormai pluriennale, persistono, generalmente, evidenti differenze nella effettiva capacità di spesa tra le regioni più sviluppate e quelle meno sviluppate: le prime, più strutturate, spendono meglio e più delle seconde. La conseguenza di ciò è che le politiche di coesione rischiano di ampliare il divario di sviluppo tra le prime e le seconde, anziché ridurlo.”
Perché non utilizziamo i fondi europei al meglio?
Vari sono i motivi. Il primo fra tutti è indubbiamente la concezione sbagliata che si ha dei fondi europei. Come specificato dai vari regolamenti, i fondi sono stati concepiti per essere una spesa aggiuntiva a quella “normale” dello Stato e delle Regioni. Ad oggi invece, essa viene utilizzata come una spesa sostitutiva. Il che chiaramente non innesca quel meccanismo aggiuntivo e moltiplicatorio che dovrebbe essere tipico di questi fondi.
Allo stesso tempo, la mancanza di competenze tecniche tipica degli enti locali, non fa che ripercuotersi sulla qualità degli investimenti e dell’utilizzo dei fondi. Risorse mal gestite, piani di programmazione e di investimenti redatti per tamponare i deficit di breve periodo senza la ben che minima visione nel lungo termine. Risorse impegnate e certificate nella fretta e senza alcun criterio per il solo timore di veder disimpegnate tali somme nei periodi successivi.
Per non parlare poi della burocrazia e della lentezza della giustizia amministrativa. Molto spesso accade che gli appalti vengano bloccati a causa di ricorsi, che come ben sappiamo, non vengono decisi in breve tempo. Ma non solo appalti. Spesso anche la semplice compilazione da parte di una PMI della domanda per la partecipazione ad un bando diventa una corsa ad ostacoli, non facendo che rallentare, e far desistere potenziali beneficiari che senza l’aiuto del commercialista o di un eventuale consulente, non sarebbero in grado di partecipare.